CAGLIARI – Secondo la Ragioneria Generale dello Stato che cura il Bilancio di Genere, i dati sull’occupazione femminile sono a dir poco allarmanti. In Italia meno di una donna su due lavora e l’occupazione femminile nel 2020 è calata al 49% con un differenziale di circa 18 punti rispetto a quella maschile. Ancora, secondo l’ultimo report Istat sul lavoro, nel 2020 su 444mila lavoratori in meno, 312mila sono donne. Ed ecco che in un momento storico così delicato è quantomeno necessario provare a fare qualcosa per invertire questa tendenza.
L’associazione Rumundu, nata nel 2013 con base in Sardegna e Sud Africa, che supporta la nascita di imprese sostenibili a livello economico e ambientale in tutto il mondo, ha provato a dare un segnale forte in questa direzione con una scuola di impresa interamente dedicata alle donne.
Si è infatti appena conclusa la prima edizione della Social Innovation School for Women partita il 28 gennaio in modalità online, un corso di alta formazione per la creazione e lo sviluppo di impresa al femminile che ha fornito alle partecipanti gli strumenti utili a implementare modelli di sviluppo e strategie sostenibili nell’ambito dell’economia circolare.
Dodici determinatissime donne, tra cui tre studentesse della Scuola Normale di Pisa, diverse imprenditrici e alcune startupper, provenienti da diversi paesi del mondo tra cui Colombia, Bielorussia, Palestina, Italia e residenti in altrettanti luoghi, da San Francisco a Londra passando per Pisa, Cagliari e Torino, hanno lavorato allo sviluppo di tre innovativi progetti di impresa.
“Il nostro obiettivo è stato quello di formare imprenditrici consapevoli e responsabili, capaci di dare una svolta sostenibile al pianeta – dichiara il presidente di Rumundu Stefano Cucca – Il nostro percorso formativo, innovativo e fortemente elastico, è stato disegnato proprio sulle esigenze delle partecipanti e ha permesso di approcciare molte tematiche, dallo sviluppo di un’impresa all’elaborazione di una logica di business all’interno di una blockchain”.
Le partecipanti, guidate da Francesca Medda, Direttrice dell’Institute of Finance and Technology e docente di Economia applicata e finanza all’University College di Londra (UCL), e da Cristina Mele, Promotrice dell’Italian Blockchain National Observatory (IBNO) e docente di Economia e Gestione delle Imprese all’Università degli Studi di Napoli Federico II, hanno plasmato, attraverso gli strumenti appresi durante i lavori, il modello di business dei loro progetti, mettendone in evidenza gli impatti economici, sociali e ambientali.
Il primo team ha lavorato allo sviluppo di Hackability Roma. Hackability è un laboratorio di ricerca tecnologica e sociale caratterizzato da gruppi di lavoro attivi su Torino, Milano, Cuneo, Parma, Reggio Emilia, Matera, il cui obiettivo è far incontrare le competenze di designer, tecnici, maker e artigiani digitali con i bisogni di autonomia e cura delle persone con disabilità, degli anziani e dei bambini per co-progettare soluzioni nuove, creative, personalizzate, in grado di migliorare la vita delle persone.
Il secondo gruppo ha lavorato sull’applicazione di soluzioni sostenibili per un’azienda del settore food con sede nel Regno Unito: Purely. L’azienda ha appena ricevuto un primo round di investimento e si sta organizzando per un piano di crescita in diversi paesi.
Il terzo gruppo invece ha lavorato sull’applicazione di soluzioni e interazioni con il colosso dell’hospitality Airbnb, con l’obiettivo di supportare le comunità locali.
Dopo aver analizzato i profili delle partecipanti e i progetti sviluppati, Alessandra Todde, Viceministra allo Sviluppo Economico, intervenuta nel corso della giornata conclusiva della scuola, ha sottolineato come la formazione sia l’unica strada per invertire i dati attuali in termini di gender equality e come oggi ci siano i presupposti per un’inversione di marcia. Il Governo Italiano si è infatti impegnato in un piano di rilancio dell’occupazione femminile attraverso il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con un decreto da 400 milioni di euro che stabilisce le condizioni per il sostegno finanziario al settore femminile, esplicitando i criteri di ammissibilità in linea con gli obiettivi del Recovery fund.
In particolare il PNRR assegna 160 milioni di euro per gli interventi sul Fondo di Impresa Femminile, ripartiti in 38,8 milioni per gli «Incentivi per la nascita delle imprese femminili» e 121,2 milioni per gli «Incentivi per lo sviluppo e il consolidamento delle imprese femminili»; 100 milioni di euro per interventi a favore delle micro e piccole imprese femminili attraverso la misura Nito-On e ulteriori 100 milioni di euro per gli interventi a favore delle startup innovative femminili attraverso la misura Smart&Start Italia. Entrambe le misure sono già state avviate e sono gestite da Invitalia per conto del Mise.
“In linea con questi temi di crescita economica e sociale del Paese e dei programmi pensati per garantire la ripartenza italiana, l’Associazione Rumundu, con il contributo della Fondazione di Sardegna, ha strutturato la Social Innovation School for Women con chiari e precisi obiettivi: far conoscere gli strumenti a supporto dell’imprenditoria, i finanziamenti e le opportunità del PNRR, implementare modelli di sviluppo nell’ambito dell’economia circolare e incentivare l’occupazione femminile”, ha concluso Stefano Cucca.