MILANO – Da un nuovo report condotto dal Capgemini Research Institute emerge che l’adozione delle smart factory da parte del settore automobilistico è maggiore rispetto alle altre industry, con un incremento stimato negli investimenti di oltre il 60% nei prossimi tre anni e un conseguente aumento della produttività superiore ai 160 miliardi di dollari.
Il report, dal titolo “How automotive organizations can maximize the smart factory potential”, analizza la diffusione delle smart factory tra gli OEM (Original Equipment Manufacturer) e i fornitori, paragonando i dati rilevati nel 2019 con quelli del 2017/18. Ne è emerso che, se da un lato sia i livelli di investimento previsti sia i guadagni in termini di produttività relativi alle smart factory sono significativi, dall’altro solo una minoranza delle aziende automobilistiche è pienamente pronta a trarre i benefici dalla loro diffusione su larga scala. Dall’analisi di Capgemini, il 72% delle aziende automobilistiche rientra nella categoria dei “principianti” , mentre appena il 10% in quella dei “frontrunner” , ovvero quelle aziende che sono pronte a cogliere il pieno potenziale delle smart factory su larga scala (in questa categoria rientrano il 18% degli OEM e l’8% dei fornitori).
Di seguito le principali evidenze del report:
L’industria automobilistica ha superato le precedenti aspettative in merito allo sviluppo di smart factory
Negli ultimi 18-24 mesi, il 30% delle fabbriche del settore è diventata smart , mentre nel periodo 2017/2018 solo il 24% dei dirigenti aveva affermato di avere in programma questa transizione. L’analisi di Capgemini ha anche evidenziato che quasi la metà (48%) degli executive ritiene che i progressi fatti finora siano “buoni o migliori del previsto” per quanto riguarda il percorso di transizione verso le smart factory, dato che 18 mesi fa trovava d’accordo solo il 38% dei dirigenti.
“Ci sono tre motivi principali che ci hanno spinto a intraprendere il progetto smart factory”, ha affermato Seshu Bhagavatula, President, New Technologies and Business Initiatives di Ashok Leyland, uno dei maggiori produttori di veicoli pesanti in India. “Il primo è migliorare la produttività delle nostre vecchie fabbriche attraverso la modernizzazione e la digitalizzazione delle operations, il secondo affrontare i problemi legati alla qualità che sfuggono all’occhio umano e il terzo integrare competenze di made-to-order o mass-customization. Tutto questo fa parte di un più ampio programma strategico interno chiamato Modular Business Program”.
L’industria automobilistica si muove più velocemente di altri settori
Per i prossimi cinque anni, il settore automotive ha in cantiere dei piani ambiziosi per convertire un ulteriore 44% delle proprie fabbriche in impianti smart, seguito dal comparto discrete manufacturing con il 42%, dal quello del process manufacturing con il 41%, dalle industrie dell’energia e dei servizi pubblici con il 40% e da quelle dei prodotti di consumo con il 37%. Questa espansione significativa si riflette in un aumento del 62% della percentuale di entrate complessive che il settore prevede di investire nelle smart factory. Le aziende automobilistiche investiranno in un mix di impianti greenfield e brownfield: il 44% intende adottare un approccio ibrido, il 31% vuole costruire impianti brownfield (si stima che i dieci principali OEM spenderanno tra i 4 e i 7,4 milioni di dollari a impianto), mentre il 25% punta su stabilimenti greenfield, notevolmente più costosi (tra 1 e 1,3 miliardi di dollari a impianto), ma più facili da efficientare già in fase di progettazione.
Gli investimenti in smart factory sono un’enorme opportunità per aumentare la produttività
Secondo la ricerca, entro il 2023 le smart factory potrebbero ottenere un aumento della produttività compreso tra i 135 miliardi di dollari (scenario medio) e i 167 miliardi di dollari (scenario ottimistico): si tratta di un miglioramento annuo del 2,8-4,4% e di un aumento complessivo della produttività del 15,1-24,1% per l’intero settore. Il potenziale di questi guadagni è stato già dimostrato da aziende come Mercedes-Benz Cars , che ha ridotto di quattro volte il rejection rate su alcuni componenti chiave grazie all’utilizzo di data analytics avanzati per creare sistemi di produzione intelligenti che si ottimizzano in autonomia.
“Le iniziative di smart factory delle aziende automobilistiche hanno riportato progressi maggiori del previsto negli ultimi due anni e il ritmo di adozione è destinato ad aumentare. Oggi, gli OEM e i fornitori stanno investendo significativamente e possiamo aspettarci che questi investimenti daranno i loro frutti entro il 2023, portando a incrementi di produttività annuali non inferiori al 2,8-4,4%”, ha dichiarato Eraldo Federici, Manufacturing, Consumer Product, Retail&Distribution Director, Capgemini Business Unit Italy. “Le aziende automobilistiche sono quindi chiamate a investire sulle competenze, sulla strategia tecnologica e sull’impegno organizzativo da implementare su larga scala, in modo da ottenere tutti i vantaggi offerti dalle smart factory. Nonostante esse siano una parte fondamentale dell’Intelligent Industry, OEM e fornitori devono anche concentrarsi sulle smart operations, tra cui la gestione intelligente degli asset, la smart supply chain e la gestione dei servizi per sbloccare completamente il potenziale delle varie tecnologie”.
I guadagni potenziali devono ancora essere realizzati
Mentre il settore ha fissato rigidi obiettivi in termini di KPI per le sue smart factory, questi sono ben lungi dall’essere raggiunti: il target legato al miglioramento della produttività del 35% è stato raggiunto solo per il 15% e c’è stato solo un miglioramento dell’11% nell’Overall Equipment Effectiveness (OEE) e nella riduzione delle scorte, nonostante gli obiettivi prefissati fossero rispettivamente del 38% e del 37%. Questo dimostra che molte iniziative non sono state ancora portate su scala completamente.
Per le aziende automobilistiche che vogliono implementare le smart factory su scala, il nuovo report raccomanda di impostare una vision e tenere fede alla stessa, integrare le soluzioni IT e rafforzare la convergenza IT-OT. Inoltre, sarebbe necessario investire in competenze e coltivare una cultura delle operations data-driven.