La televisione è accesa tutto il giorno, i programmi sono quasi tutti testate giornalistiche e telegiornali con l’ultima ora del COVID-19 (coronavirus anno 2019).
Mai come in questo momento siamo tutti attenti ai “numeri”, catalogati per contaminazione, guariti e deceduti.
Tutto segue le rigorose leggi della cronaca, tempestività, eccezionalità, fascinazione dell’inconsueto e dell’inatteso, d’altronde che dire, mai come in questo caso siamo tutti impreparati difronte ad un evento tanto inatteso e straordinario nella sua aggressiva espansione.
Dopo le prime incredulità e lo sbigottimento generale, siamo ora difronte ai decreti restrittivi, che in termini di sanzioni, avvisi e limitazioni delle nostre abitudini quotidiane, ledono ed intaccano il nostro più grande dono… la libertà, ma per fini superiori legati alla salvaguardia e alla salute della collettività.
Tutto lecito e soprattutto necessario, ma quanto abbiamo perso in questi pochi giorni in nome della collettività e della nostra famigerata unione europea? Quanta collettività abbiamo mai percepito da quando la mattina accendiamo il nostro terminale mobile a quando la sera rientrando salutiamo gli ultimi colleghi e amici attraverso immaginette comiche e gossip dell’ultimo minuto. Quando alziamo lo sguardo dal nostro cellulare riusciamo a renderci conto di ciò è attorno a noi, di chi ci circonda in famiglia ed al lavoro, o restiamo ancora in attesa del messaggio virtuale dal contatto amico della chat comica e di chi sa ancora quale altra grande attrattiva mangia-tempo?
Il tempo, indominabile ed incontrollabile è un dono prezioso offerto alla nostra mercè per usarne come meglio crediamo e quando noi vogliamo.
In questi giorni stiamo vedendo il crollo generale delle più comode convinzioni che abbiamo dato per scontate: l’aiuto europeo, la solidarietà generale tra stati membri, gli equilibri economici che dovrebbero autoregolarsi per coerenza sociale in questo tempo di straordinaria crisi. In Europa facciamo gara di solidarietà per non chiudere i confini con il continente africano in nome di una fratellanza umana ampia e diversificata e poi, alla prima richiesta di supporto, tra alleati membri della coalizione europea, ogni stato da priorità esclusiva alle proprie esigenze rinnegando le più elementari forme di solidarietà tra gli stessi stati membri.
Forse nulla di quanto atteso accadrà o forse poco cambierà appena il COVID-19 terminerà la sua vorticosa invasione, ma una certezza l’abbiamo tutti: il nostro modo di vivere e le nostre abitudini sono ora in sospensione.
Stiamo tutti nelle proprie abitazioni, tutti elemosinando una notizia nuova che sancisca un miglioramento della pandemia o addirittura l’annuncio della fine, ma mentre attendiamo, cosa realmente facciamo del nostro tempo? Come impieghiamo questo dono prezioso, che inesorabilmente avrà un termine?
Se dovrà esserci un cambiamento, che inizi dalle nostre abitudini familiari e sociali , prima di riprendere in un altro tempo gli altissimi concetti di solidarietà nazionale.
In questi giorni mentre riflettevo sui punti appena enunciati, mi sono però anche reso conto di quanto abbiamo perso in questi 30 anni , alla rincorsa di un lavoro che desse agi, soddisfazioni e successo, seguendo ritmi deliranti per fare tutto in breve tempo ed anticipare tutto e tutti per i tempi che verranno.
Costretto a stare in casa, evitando ogni spostamento non necessario, mi sono tornati alla memoria i tempi in cui leggevo un bel libro, approfondivo alcuni temi di interesse, ascoltavo buona musica e occasionalmente contemplavo la giornata da un panorama splendido quale la mia terra offre con generosità e perché no…coltivare un hobby.
A questo punto la paura più grossa mi ha attanagliato un giorno, quando mia figlia e mia moglie mi hanno detto:… da quando non stavamo tutti insieme per più di un giorno?
Il tempo.. passa, scorre via e non possiamo arrestarlo. Cosa aspettiamo per rivalutare il contenuto prezioso della nostra vita se non lo riempiamo di azioni, opere e parole che diano uno scopo, e siano di aiuto ai nostri cari.
In Questo momento di silenzi, anche questo ho imparato ad assaporare in una città fragorosa come Napoli, sento la necessità di fare tutto quello che non ho più fatto da anni , in tempi giovani forse, ma tempi in cui sognare era la prassi.
Riprendiamo quindi a parlare, confrontandoci anche talvolta scontrandoci, come spesso accade quando non ci si confronta da tempo, portando il nostro vissuto in casa, attaccandoci alle vecchie tradizioni. Riprendiamo le abitudini lodevoli e piacevoli di un tempo, attorno ad una tazza di caffè dove con moglie e figli si imbastisce una conversazione sui desideri da realizzare o le ambizioni da raggiungere, aiutiamoli a fare i compiti di scuola se necessario, o raccontiamo il nostro lavoro e cimentiamoci in “cose di casa” che tanto ci terrorizzano o peggio ci annoiano.
Un’altra occupazione che possiamo seguire è la programmazione della nostra stessa giornata, proprio come se andassimo al lavoro, di mattino in mattino, passando dai lavoretti di casa, lasciati incompiuti, alla opportunità di cimentarsi in un aggiornamento professionale , magari studiando o riprendendo un buon testo per migliorare la nostra preparazione.
Imparare cose nuove! Quale miglior risveglio di una gioventù passata, con l’ottimismo di chi ha la maturità di discernere tra fantasie inconcludenti e scelte utili e produttive.
In questo contesto paradossale impariamo ad ASCOLTARE, in modo che il silenzio di una città stordita possa essere coperto dal calore delle parole in famiglia.
Ma proprio nel silenzio di una città sospesa ascoltiamo anche i nostri pensieri, tornando alla preghiera, magari riguardando la nostra vita naturale con una visione un pò più sovra-naturale
Al lavoro dunque, c’è molto da fare restando in casa, con il vantaggio che quando questo momento sarà superato, impareremo ad apprezzare come per la prima volta una stretta di mano ed il suo valore, assaporare una passeggiata per le vie della città incontrando tutti e riscoprendo la forza rigeneratrice di un sorriso di un vicino, il cui contagio sornione ci porterà a sorridere nuovamente con serenità. Una chiacchierata al Bar, un cinema o una semplice passeggiata su di un lungomare o in montagna.
Pensiamo a quando sarà tutto un ricordo, allora la normalità apparirà come un meraviglioso regalo divino.
*Domenico Lanzo
*CEO di NetCom Group S.p.A.