BENEVENTO – I “metamateriali” sono materiali artificiali che derivano le loro proprietà macroscopiche non solo dalla composizione chimica dei costituenti ma anche dalla struttura geometrica, e possono essere ingegnerizzati per trascendere le limitazioni dei materiali convenzionali e generare interazioni luce-materia assenti in natura.
Uno studio recente di ricercatori dell’Università del Sannio e della University of Pennsylvania (Philadelphia, USA) ha proposto l’idea di metamateriali attivi basati sul concetto di “drogaggio fotonico”, che promette nuovi importanti sviluppi nel controllo della luce su scale nanometriche.
Lo studio, pubblicato nella prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, è stato guidato da Vincenzo Galdi, Professore Associato del Dipartimento di Ingegneria dell’Università del Sannio, e da Nader Engheta, Professore alla University of Pennsylvania. Il gruppo di ricerca comprende Marino Coppolaro (Dottorando) Massimo Moccia (Borsista Postdoc) e Giuseppe Castaldi (Professore Associato) dell’ateneo sannita.
“Il concetto di ‘drogaggio’ è ben noto in elettronica dagli anni ’50.” Spiega Castaldi. “In pratica, attraverso l’introduzione intenzionale di impurità con concentrazioni molto basse, è possibile controllare le proprietà elettriche, ottiche e strutturali di materiali come i semiconduttori. Nel 2017, il Gruppo del Prof. Engheta ha traslato questo concetto all’ambito fotonico, con riferimento a materiali caratterizzati da permittività dielettrica estremamente piccola, dimostrando che l’introduzione di una singola impurità dielettrica può generare una risposta magnetica nonostante nessuno dei materiali coinvolti abbia caratteristiche magnetiche. Questo consente, ad esempio, di sintetizzare metamateriali magnetici operanti a frequenze ottiche, per le quali la risposta magnetica dei materiali naturali è tipicamente molto debole.”
“Traendo ispirazione da alcuni concetti di simmetria proposti nell’ambito della meccanica quantistica, nel nostro studio abbiamo ulteriormente esteso l’idea di drogaggio fotonico, considerando materiali attivi, ovvero in grado di amplificare la luce in maniera simile a quanto avviene nei laser.” Aggiunge Galdi. “In particolare, abbiamo dimostrato che utilizzando delle impurità in cui sono contemporaneamente presenti materiali attivi e passivi, con opportune geometrie e proporzioni, gli effetti di amplificazione e dissipazione non si compensano banalmente, ma anzi la loro interazione genera risposte magnetiche ancora più generali e ampiamente modulabili.”
Tre gli esempi di applicazioni rappresentative, i ricercatori hanno dimostrato la possibilità di progettare dispositivi amplificatori con caratteristiche riconfigurabili mediante fotoeccitazione, e guide d’onda in grado di confinare la luce su scala nanometrica.
“Riteniamo che questo concetto possa trovare importanti applicazioni nell’ambito della nanofotonica, dei laser e della sensoristica ottica.” Concludono i ricercatori. “Stiamo lavorando alla dimostrazione sperimentale dei risultati teorici.”