ROMA – Un team internazionale di ricerca, composto da ENEA, Accademia delle Scienze – Istituto piante medicinali (Cina) e Università di Buffalo (Stati Uniti) ha decodificato il DNA della Gardenia jasminoides, una pianta della medicina tradizionale cinese che produce crocine, pigmenti importanti dal punto di vista farmacologico che si trovano anche negli stimmi dello zafferano.
Lo studio è stato pubblicato su “BMC Biology”, la rivista ammiraglia del gruppo open access Biomed Central (Springer editore). La decodifica del genoma di questa pianta ornamentale e, in particolare, dei geni per la produzione delle crocine, ha permesso di ‘accendere un faro’ sulla produzione sostenibile di molecole utili all’uomo. Le crocine, ad esempio, svolgono un’azione protettiva sulla retina e, più in generale, hanno una funzione antinfiammatoria e antiossidante nel sistema nervoso centrale. Una curiosità: fin dalle dinastie Qin e Han, che fondarono il primo impero cinese oltre 2 mila anni fa, le crocine sono state utilizzate per colorare i vestiti degli imperatori e della loro corte.
“Le piante sono i migliori chimici organici del pianeta. Sintetizzano fino a 1 milione di molecole, molte delle quali hanno un’azione medicinale, psicotropa o tossica”, sottolinea Giovanni Giuliano, coordinatore del team di ricerca ENEA e “co-corresponding author” del lavoro. “Circa il 30% dei principi attivi che usiamo come medicine o integratori alimentari – aggiunge – sono di origine vegetale o ispirati a molecole prodotte dalle piante”.
Il gruppo di scienziati si è concentrato, in particolare sullo studio dell’evoluzione di due molecole – le crocine nella Gardenia jasminoides e la caffeina nella Coffea canephora (caffè robusta) – ambedue appartenenti alla famiglia delle Rubiacee. “Confrontando il genoma della gardenia con quello del caffè, che avevamo sequenziato nel 2014, abbiamo scoperto che il loro progenitore comune, vissuto circa 20 milioni di anni fa, conteneva un gene codificante per un enzima chiamato CCD4 sul cromosoma 9”, spiega Giuliano. Questo gene è rimasto singolo nel caffè, mentre nella Gardenia ha dato luogo a un ‘cluster’ di 4 geni ‘figli’, uno dei quali codifica l’enzima chiave per la biosintesi delle crocine. Tutti gli altri geni ed enzimi per questa sintesi esistevano già nel progenitore comune. Un processo simile – avvenuto a carico di un gene diverso, chiamato NMT e situato sul cromosoma 8 del progenitore comune – ha dato luogo nella pianta del caffè alla sintesi della caffeina, un alcaloide ad azione psicotropa ampiamente consumato dall’uomo sotto forma di infusi.
Sia le crocine che la caffeina sono sintetizzati da piante evolutivamente molto distanti fra di loro: le crocine, oltre che dalla Gardenia, sono prodotte anche dallo zafferano e dalla Buddleja, mentre la caffeina è prodotta da un’ampia varietà di piante usate dall’uomo per fare infusi, come il caffè, il tè, il guaranà, il cacao e la yerba mate. Quindi, sia le crocine che la caffeina sono state ‘reinventate’ più volte durante l’evoluzione di piante diverse, un fenomeno chiamato dai biologi ‘evoluzione convergente’. Questo fenomeno costituisce un paradosso evolutivo, in quanto la sintesi di queste molecole richiede l’azione simultanea di molti enzimi e risulta difficile immaginare come questi enzimi si possano evolvere tutti insieme in piante evolutivamente distanti fra loro.
“Le conclusioni della nostra ricerca suggeriscono che la comparsa di nuove molecole, come crocina e caffeina, in piante evolutivamente distanti avviene tramite la comparsa di uno o pochi geni ed enzimi che catalizzano i passaggi chiave, mentre tutti gli altri sono ‘reclutati’ da vie metaboliche preesistenti. E’ una dimostrazione elegante, sul piano biochimico, di come la natura riutilizza e adatta meccanismi preesistenti, invece di crearli completamente ex novo. Comprendere a fondo questi meccanismi ci permetterebbe di sintetizzare molecole nuove nelle piante trasferendo uno o pochi geni codificanti gli enzimi chiave. Una prospettiva molto interessante per la produzione sostenibile di molecole utili all’uomo”, conclude Giuliano.