(PRIMAPRESS) – LONDRA – E’ tensione alta a Londra per il voto di domani lunedì 9 settembre che dovrà ratificare la conferma di una Brexit solo con un accordo chiaro con la Ue. Intanto, però, si è abbattuta un’altra tegola sulla premiership del contestato Boris Johnson. La ministra del lavoro britannica, Amber Rudd, si è dimessa dal governo e dal Partito conservatore.
Nella lettera di dimissioni Rudd, ha affermato di non ritenere più che “il principale obiettivo” di Johnson sia lasciare la Ue con un accordo e ha definito l’espulsione di 21 parlamentari Tory avvenuta martedì come “un attacco alla decenza e alla democrazia”. I 21 ribelli conservatori erano stati espulsi dal gruppo parlamentare Tory ai Comuni dopo che avevano votato insieme all’opposizione contro la linea di Johnson e in favore di un rinvio oltre il 31 ottobre dell’uscita del Regno Unito dalla Ue per scongiurare un divorzio no deal, ovvero senza accordo. Un rinvio che il premier continua a bollare come una potenziale “resa”, proclamando di essere pronto a qualunque sfida pur di non sottoscriverne la richiesta di fronte a Bruxelles al prossimo Consiglio europeo (17-18 ottobre). Tra gli espulsi spiccano i nomi dell’ex ministro e veterano Ken Clarke (79 anni), e quelli di altri ex ministri di primissimo piano dei governi di David Cameron e di Theresa May come Philip Hammond, Dominic Grieve o Justine Greening, e anche di Nicholas Soames, 71enne nipote di Winston Churchill. Amber Rudd, 56 anni, che nel referendum del 2016 aveva votato contro l’uscita dalla Ue, ha affermato che quella di dimettersi è stata “una scelta difficile”, ma ha aggiunto che non può “rimanere a guardare” mentre “conservatori leali moderati vengono espulsi”. – (PRIMAPRESS)