ROMA – Sono oltre 90mila le imprese che in Italia rischiano la chiusura entro la metà del 2023, anche a causa delle maxi-bollette in arrivo nei prossimi 12 mesi. Per loro la stangata sarà di 11 miliardi di euro. A rivelarlo l’ultima infografica pubblicata dall’Unicusano con cui l’ateneo telematico studia le conseguenze dell’embargo deciso dall’Unione Europea a greggio e prodotti dalla Russia.
Ma la decisione di Bruxelles, che scatterà a febbraio 2023, non colpirà solo le aziende ma anche le famiglie italiane, fortemente preoccupate per il caro energia e l’aumento dei costi: il 16% teme un taglio delle forniture proprio per la decisione della UE.
Sempre l’analisi di Unicusano contenuta nell’infografica evidenzia come una famiglia su quattro sia psicologicamente preparata a una diminuzione del proprio reddito, mentre il 34% teme un inasprimento delle ripercussioni su bollette, carburanti e inflazione. La principale fonte di preoccupazione degli italiani, dunque, è il contraccolpo economico non solo personale ma dell’intera nazione.
A pagarne le conseguenze, di rimando, sono le imprese che, se fino ad ora hanno sostenuto l’aumento dei costi (solo la spesa in energia è aumentata dal 10% al 20%) senza gravare sul consumatore finale, a breve si troveranno costrette a un adeguamento dei prezzi. Lo studio dell’Unicusano, infatti, rivela come la spesa media di una famiglia salirà a 771 euro, per riempire il frigo costerà il 10% in più a prodotto acquistato. Inoltre fra luce e gas le famiglie arriveranno a spendere fra i 1.990 e i 3.667 euro entro il 2023.
Se fino a gennaio 2022 il numero di barili di greggio consegnati al giorno si aggirava intorno agli 8 milioni, oggi questo numero si è vertiginosamente abbassato. I flussi dei prodotti petroliferi destinati a Europa, Stati Uniti, Giappone e Corea sono crollati di quasi 2,2 milioni di unità, dirottati verso altri mercati. Attualmente sono “soltanto” 7.400 i barili consegnati ogni giorno all’Italia, ma solo nel Belpaese ogni persona ne consuma 7,5 barili all’anno.
Il mondo si avvicina alla soglia di deficit di gas naturale, il cui costo, insieme a quello dell’energia, è aumentato di quattro volte in un anno, costringendo i Governi a ricorrere a soluzioni drastiche che coinvolgono cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni al fine di utilizzare con cautela le rimanenze (ad oggi, al netto di ulteriori scorte di emergenza in arrivo entro ottobre, si contano 900 migliaia di scorte di gas globali fino a fine anno) e fronteggiare possibili interruzioni dell’approvvigionamento. Da un grado e un’ora in meno di riscaldamento al giorno a veri e propri lockdown energetici; come in Italia dove, secondo quanto riportato nel Piano nazionale di contenimento dei consumi di Gas naturale, dal prossimo autunno i termosifoni verranno accesi con 15 giorni di ritardo rispetto ai periodi standard, con una media di 19 gradi per uffici pubblici, luoghi di ritrovo e abitazioni.
Una via di fuga da questa impasse energetica potrebbe allora derivare dalle fonti rinnovabili. Sebbene gli imprenditori tou tcourt ne siano a conoscenza e auspichino l’attuazione individuale di soluzioni green, più del 38% non ha fissato un termine entro il quale conseguire l’obiettivo di transizione energetica.
Al contrario, la Commissione Europea, con il piano RePowerEu prevede di ridurre dell’80% in un anno la dipendenza dai combustibili fossili russi, con l’obiettivo di azzerarla, entro il 2030, ricorrendo alle fonti pulite (energie idroelettrica, eolica, geotermica, fotovoltaico) e al nucleare. Ad oggi, solo in Europa, sono in procinto di essere attivati altri 20 reattori nucleari oltre gli oltre 440 già in funzione in tutto il mondo. Ma l’approvvigionamento globale da fonti rinnovabili rappresenta soltanto il 38%, mentre in Italia è il 27%.