VENEZIA – Dal 15 aprile al 7 maggio 2023, presso il Complesso Monumentale di San Zaccaria a Venezia, si terrà “Il segno dell’Ironia”, la mostra personale con le opere dal 1998 al 2023 dell’artista napoletano Bruno Donzelli.
30 opere tra le più interessanti e significative, che coprono un quarto di secolo e raccontano in modo chiaro e diretto lo stile che lo contraddistingue, e si propongono come una sorta di sintesi del suo lavoro cinquantennale.
L’artista è noto per il suo inconfondibile tratto pittorico e cromatico, che lo avvicina ai graffitisti, dai quali, però, si distanzia lasciandosi contaminare da altri stili e correnti espressive, prime su tutte il Gruppo Cobra e la Pop Art, utilizzando un linguaggio pittorico ironico e dissacrante, ricco di rimandi alla storia dell’arte del XX secolo.
Bruno Donzelli sembra quasi divertirsi a creare un universo espressivo fatto di audaci commistioni e inedite contaminazioni, fatte di forme giocose e dinamiche, dai colori brillanti, rileggendo l’arte del secolo scorso con un nuovo punto di vista, mai banale.
L’artista muove i primi passi nel mondo dell’arte negli anni ‘60, quando inizia a produrre le prime opere, influenzate dai colori di quegli anni e dal movimento Pop. Negli anni ’70 attraversa una fase concettuale, durante la quale produce la famosa serie “Il casellario dell’arte”, in cui decontestualizza i linguaggi pittorici di alcuni artisti, per riproporli in una personale narrazione ricca di invenzioni e paradossi. Opere che si pongono a metà tra l’omaggio e la rilettura. Attraverso l’estraniamento seriale Donzelli vuole creare una sorta di museo immaginario dell’arte. Da Burri a Appel, da Man Ray a Picasso, da Wols a Warhol, sono tutti quanti presenti nella globalizzante atmosfera che parte dal pop per arrivare al kitsch.
Il risultato globale è un’esplosione cromatica e lineare, dove ogni singolo autore perde la sua autonomia per diventare un semplice tassello di un puzzle: un pezzo importante per la riuscita del tutto, ma di poco valore se preso singolarmente.
“Per me guardare questa mostra è un po’ come per molti è sfogliare un album con le foto dei momenti più importanti della propria vita. – Commenta Bruno Donzelli – In queste opere ritrovo il mio modo di guardare il mondo, e come questo è cambiato nel corso del tempo, dei decenni. Quello che ho voluto rappresentare, sin dalle mie prime opere, è un modo diverso di guardare il mondo. Il mio modo, ma può essere il modo di tutti. Un mondo che non è fatto di scale di grigi o tratti tenui, ma di colori vibranti e forme prepotenti, perché così sono i sentimenti di chi lo vive. Inoltre, volevo dimostrare che non c’è un solo modo per guardare alla storia, anche nel caso di grandi artisti. Possono essere riletti, riattualizzati, reinterpretati. Mi piacerebbe che, tra 50 o 100 anni, qualcuno facesse lo stesso con i miei lavori”.
In mostra ancora alcune opere che, a partire dagli anni ’80, lo portano alla rivisitazione delle avanguardie storiche, operazione che si traduce in un codice linguistico affabulatorio ed ironico attraverso Il quale Donzelli ricostruisce l’inventario visuale del Novecento, utilizzando un repertorio di icone, segni, elementi con forte impatto cromatico e materico. Tra esse anche “L’Atelier Depero” che propone un ritorno in chiave ironica; il ciclo delle colazioni con, “Colazione da Jim Dine”, così sensorialmente materico; “Paris Texas”, una delle opere più note dell’artista del 2005; “Italian Graffiti”, in cui cita i grandi artisti del ‘900; il dissacrante “Chef Picasso”.
Alla mostra è associato anche un catalogo con tutte le 30 opere esposte e un’analisi critica realizzata da Silvia Previti, nota curatrice di mostre d’arte, tra i massimi esperti e conoscitori delle tendenze contemporanee.