ROMA – Era il 17 aprile 2018, oltre un anno fa, quando il Ministero della Salute – di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali – ha pubblicato il tanto atteso Decreto n. 33 del 22 gennaio 2018: “Regolamento sulle misure e sui requisiti dei prodotti fitosanitari per un uso sicuro da parte degli utilizzatori non professionali”, destinato a entrare in vigore il 2 maggio 2018. Il decreto era stato accolto con grande favore da parte dei rivenditori di prodotti fitosanitari, sicuri che esso avrebbe finalmente portato un po’ di chiarezza in un ambito caratterizzato da un’estrema complessità normativa quale la vendita di preparati fitosanitari a utilizzatori non professionisti, sprovvisti dunque del famoso patentino (a proposito del quale si potrebbe aprire un altro doloroso capitolo). Ben lungi dallo snellire la già pesante burocrazia all’italiana che attanaglia anche questo settore, il decreto ha finito per portare ulteriore complessità: un eccesso di regolamentazione che ha afflitto non solo la distribuzione, ma l’intera filiera.
Il decreto, infatti, prevedeva che, dal momento della sua entrata in vigore, le aziende avrebbero avuto a disposizione 45 giorni per presentare al Ministero le nuove etichette dei prodotti già presenti sul mercato per approvazione e se, nei successivi 60 giorni (16 agosto 2018), queste non avessero ottenuto l’approvazione ministeriale, le aziende potevano immettere sul mercato le nuove etichette sotto la propria responsabilità, mentre i prodotti già in commercio con la vecchia etichetta potevano – e tutt’ora possono – essere venduti allegando la nuova etichetta fornita dal titolare di registrazione.
Spetta ancora una volta a Compag – la federazione italiana dei commercianti di prodotti per l’agricoltura – a segnalare l’assurdità, se non contraddittorietà, delle normative italiane. Perché – si domanda la federazione – dovrebbe essere il titolare di autorizzazione ad assumersi la responsabilità dell’immissione sul mercato di prodotti destinati a utilizzatori non professionali, quando è il Ministero a non essere in grado di rispettare i tempi previsti per la verifica di tutte le richieste di modifica di etichetta presentate? Cosa accadrà se il Ministero dovesse considerare non conforme l’etichetta di un prodotto già venduto? È possibile che, oltre ad assumersi detta responsabilità, il titolare si trovi anche ad affrontare il peso economico di una sanzione o quello di un eventuale ricorso? Lungi dal portare semplicità e snellezza, dunque, il decreto sembra aver creato ulteriore confusione e scontento. “Ad oggi” denuncia il Presidente Compag Fabio Manara “la conseguenza più chiara, oltre agli inutili adempimenti burocratici, sembra essere la proliferazione incontrollata delle vendite in Internet in piena eluzione della normativa”. E, ancora una volta, chi paga le conseguenze di questo eccesso di burocrazia e regolamentazione, è proprio chi alle regole si attiene…