(PRIMAPRESS) – ROMA – L’accordo da pacche sulle spalle tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio è durato poco. La maggioranza di governo si è spaccata oggi sulla questione del finanziamento di Radio Radicale.La Lega ha votato a favore insieme a Forza Italia, per il contributo delle dirette parlamentari della storica radio nata con Pannella. “Secondo noi è una cosa gravissima, di cui anche la Lega dovrà rispondere davanti ai cittadini” – sbotta piccato Di Maio incalzato anche dal collega Crimi che da settimane aveva escluso la possibilità di rifinanziare l’attività di Radio Radicale.Nel decreto crescita, prosegue un inviperito Di Maio, “noi abbiamo previsto circa 2 miliardi per le imprese; la riduzione progressiva dell’Ires per le aziende e deducibilità dell’Imu sui capannoni (fino al 70%); incentivi fiscali per i ricercatori e i lavoratori che rientrano dall’estero; agevolazioni per i condomini che sceglieranno di riqualificare dal punto di vista energetico il loro edificio. E poi, cari cittadini, troverete anche 3 milioni di euro in più delle vostre tasse donati a Radio Radicale, una radio privata che ospita giornalisti con stipendi da capogiro di anche 100mila euro l’anno. Tutti – continua Di Maio – pagati con i vostri e i nostri soldi, da sempre. Il Movimento 5 Stelle avrebbe voluto mettere fine a questa indecenza. I partiti si sono messi di traverso. Ora avete tutte le informazioni del caso. Fatevi la vostra idea. Un saluto a tutte le radio italiane che ogni giorno, con sacrifici e grandi difficoltà, si danno da fare – senza soldi pubblici – per offrire un servizio importante e pluralista all’Italia!”.
Sulla vicenda interviene anche il Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Verna: “c’è stata una vittoria di chi crede nella libertà di stampa e una sconfitta di chi la teme e, con pretestuose argomentazioni, nega la lettura corretta dell’Articolo 21 della Costituzione. Qualcuno confonde il pluralismo col privilegio. L’Ordine dei Giornalisti – ha continuato Verna – è orgoglioso di essere stato nel cuore della mobilitazione che ha coinvolto tanti mondi di un Paese che nelle sue varie espressioni ha voluto inviare un segnale preciso e che ha isolato chi si è ostinato in una posizione di chiusura. Nella vicenda emerge con grande positività un altro aspetto: questi temi non sono questioni del governo di turno, ma del Parlamento. – (PRIMAPRESS)