MILANO – Essere adolescenti nell’era del social distancing. A pochi giorni dal rientro a scuola, con le tante nuove regole che gli oltre 8 milioni di studenti italiani dovranno seguire per affrontare in sicurezza le lezioni in aula, restano alti i dubbi e le incognite per i prossimi mesi. Ci si augura che le cattedre proseguiranno a pieno ritmo dal “vivo”, dopo il lungo periodo di lockdown in cui le piattaforme digitali hanno rappresentato l’unico strumento per i ragazzi non solo per studiare e imparare, ma anche per socializzare. Ecco allora che Kaspersky, all’indomani del back to school, ha deciso di presentare un’indagine sul Catfishing, condotta insieme al Giffoni Innovation Hub, per sensibilizzare i ragazzi e i loro genitori sul fenomeno delle false identità online, che sta prendendo sempre più piede tra i giovanissimi e di cui si conosce ancora troppo poco.
Quanto è importante sapere con chi si chatta? Le ragazze sono più attente
Il problema della sicurezza in chat è decisamente sentito dai ragazzi italiani, che iniziano a frequentare i social molto presto: quasi il 40% apre il primo profilo prima dei 12 anni e oltre l’80% prima dei 14.
Ad oltre 6 intervistati su 10 è capitato di imbattersi in profili falsi, avendo avuto però la capacità di saperli riconoscere. Se oltre il 65% considera dunque fondamentale informarsi e l’85% è cosciente della serietà del fenomeno, sono in particolare le ragazze le più preparate sul tema (62%), contro il 43% dei maschi, e anche le più sensibili, ritenendo importante sapere con chi si chatta realmente: il 73%, infatti, dà un voto massimo a questo aspetto, rispetto al 50% dei maschi.
In generale il Catfishing viene visto come qualcosa che coinvolge soprattutto i giovanissimi (citato dal 72% dei rispondenti), anche se il 17% pensa riguardi principalmente il mondo degli adulti e il 13% solo persone molto deboli e fragili. Alcuni, inoltre, sottovalutano il pericolo e non lo ritengono tale, a meno che non si tramuti in truffa economica, ricatto o minaccia (14%).
“Negli ultimi mesi c’è stato un forte aumento dell’uso dei dispositivi digitali necessari al lavoro da casa e alla didattica a distanza, ma è cresciuto anche l’uso dei social e di nuove piattaforme di comunicazione, soprattutto da parte dei più giovani, costretti a relazionarsi durante la quarantena solo in questo modo – ha commentato Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky – Oltre dunque ai benefici offerti dalla possibilità di essere sempre connessi, è fondamentale tenere presente che gli adolescenti sono naturalmente i più esposti alle minacce della rete. Per questo motivo è importante creare progetti e iniziative per una vita digitale sicura e per informare i ragazzi sui pericoli del mondo online. Un impegno che con Kaspersky ci siamo presi da tempo e che stiamo proseguendo, con l’obiettivo di fornire strumenti educativi a genitori e insegnanti, che possano guidare all’uso corretto del mondo digitale fin dall’infanzia.”
Cosa spinge a mentire online? Pericolo body shaming, paura del giudizio, ma anche divertimento
L’ossessione per i like e la paura del giudizio, riferito al proprio orientamento sessuale, al colore della pelle o al proprio corpo, hanno effetti importanti: tra le motivazioni che spingono qualcuno a mentire in rete inventando profili falsi, il 22% dei ragazzi intervistati crede ci sia proprio la vergogna per il proprio aspetto fisico, convinzione che appartiene in ugual misura sia ai maschi (23%) che alle femmine (21%).
Da vittime a “carnefici”, dall’indagine emerge anche che ben il 44% degli intervistati ha utilizzato almeno una volta profili falsi sui social (minima la differenza tra maschi e femmine), sostenendo di averlo fatto soprattutto per divertimento (27%), ma anche per sentirsi “libero” di commentare e postare contenuti che con la propria identità non si avrebbe avuto il coraggio di condividere (14%).
L’8% confessa invece di averlo fatto per timidezza, il 5% per aumentare like e commenti sul profilo personale, mentre il 2% ammette di averlo creato per fare l’hater in rete e con gli altri.
A scuola se ne parla poco
Un altro elemento che emerge dalla ricerca di Kaspersky è che la scuola sembra non essere un luogo in cui si discute di questo genere di problematiche, ormai entrate a far parte a tutti gli effetti della società contemporanea: solo il 29% dichiara di averne parlato con i propri insegnanti e, anche in questo caso, sono le ragazze a preoccuparsene maggiormente, nello specifico il 32%, rispetto al 25% dei ragazzi.