Torino – Sono stati annunciati i vincitori del World Press Photo, il più grande concorso di fotogiornalismo al mondo, nato ad Amsterdam nel 1955 per tutelare la libertà di informazione, inchiesta e espressione come diritti inalienabili e promuovere il foto-giornalismo di qualità: visti gli annullamenti della tappe primaverili per le restrizioni dettate dal Coronavirus, la mostra vedrà la sua prima esposizione in Italia a Torino: qui, dovrebbe inaugurare, se l’emergenza sarà rientrata, venerdì 18 settembre negli spazi dell’Ex Borsa Valori, concessi dalla Camera di Commercio di Torino all’Associazione C.I.ME. – Culture e Identità Mediterranee che organizza la tappa sabauda.
I vincitori. La giuria internazionale ha esaminato nel 2020 i lavori di 4.282 fotografi, provenienti da 125 paesi per un totale di 73.996 immagini. In finale sono arrivati 44 fotografi provenienti da 24 paesi, tra cui sei italiani (Alessio Mamo, Daniele Volpe, Lorenzo Tugnoli, Luca Locatelli, Fabio Bucciarelli, Nicolò Filippo Rosso). Il giapponese Yasuyoshi Chiba dell’agenzia Agence France-Presse ha vinto il World Press Photo of The Year con “Straight Voice”, immagine di un ragazzo, illuminato dalla luce dei telefoni cellulari, che, in una manifestazione in Sudan, recita una poesia di fronte ad altre persone che lo applaudono. Il francese Romain Laurendeau ha vinto invece il World Press Photo Story of the Year, con un lavoro sulla gioventù algerina e il suo disagio.
Tra i sei italiani sul podio anche Fabio Bucciarelli, torinese classe 1980, secondo premio nella sezione “Categoria general news, storie” per un servizio realizzato per L’Espresso sulle proteste in Cile, iniziate a ottobre 2019 dopo l’approvazione di una legge sull’aumento del prezzo del biglietto della metropolitana della capitale e proseguite per denunciare soprattutto le forti disuguaglianze economiche e sociali del paese.
Il cuneese Nicolò Filippo Rosso è giunto, invece, terzo nella sezione “Categoria contemporary issues, storie” con un lavoro sugli effetti della crisi politica e socio-economica in Venezuela e sulla migrazione dei venezuelani in Colombia.
La mostra sarà realizzata a Torino nonostante le grandi difficoltà dettate dal post emergenza: ingressi contingentanti, misure di sicurezza potenziate, meno accessi. Uno sforzo che Cime, come altri organizzatori culturali in Italia, si assume. Spiega il presidente Vito Cramarossa: «Quest’anno, più che mai, il nostro lavoro è messo a dura prova dalla situazione legata alla pandemia, da un punto di vista sia organizzativo sia economico, come d’altronde quello di tutte le aziende creative che lavorano nell’ambito della cultura e degli eventi. A tal proposito, ci impegneremo per tutelare i visitatori della mostra». Aggiunge una riflessione: «Ritengo che mai, come in questo momento, la cultura necessiti del sostegno da parte delle istituzioni e dei partner privati. In Piemonte la Camera di Commercio di Torino ci è stata sempre vicino comprendendo il valore della mostra e ospitandoci nella Ex Borsa Valori, così come il Comune di Torino ci ha concesso negli anni alcuni spazi per comunicare la mostra e il primo anno ospitandoci al Mastio della Cittadella. Oggi, ancor più di ieri, politiche culturali lungimiranti e una forte sinergia pubblico-privato potranno permetterci di sostenere, programmare e garantire la presenza di una mostra internazionale la cui presenza non è del tutto scontata, ma soprattutto di rilanciare tutto il comparto culturale piemontese».