“Ancor prima dell’esplosione dell’internet banking le banche hanno avuto la necessità operativa di gestire e integrare grandi quantitativi di dati, per esempio dalle filiali alle sedi centrali o anche verso istituti di controllo e governance come Banca d’Italia – spiega Luca Musso, CTO di Primeur, multinazionale specializzata nella Data Integration – Noi gestiamo e integriamo i dati di moltissime realtà bancarie italiane e internazionali fin dagli anni ’80, quando questa attività non era scontata, a conferma di come l’operatività bancaria si basi sui dati da ormai molto tempo. Oggi la differenza sta nella quantità ed eterogeneità di dati da gestire, negli standard di sicurezza ma soprattutto nell’impossibilità di prevedere tutte le necessità e gli sviluppi collegati al settore. L’intera strategia di integrazione dati ora ha bisogno di una flessibilità estrema. Si sono infatti moltiplicate le applicazioni che hanno bisogno di “parlare” fra loro, scambiandosi dati con tempi certi e standard di sicurezza elevatissimi e sempre più se ne aggiungeranno. Il nostro ultimo software, Primeur Data One nasce proprio per questo ed è stato pensato e progettato come una piattaforma di integrazione dati ibrida capace di lavorare con i sistemi esistenti, mediando le transizioni di dati. Questo banalmente vuol dire che lasciamo libero il cliente da vincoli progettuali poco prevedibili. Se hai bisogno di integrare una nuova applicazione, Primeur Data One se ne occuperà senza modificare nessuna applicazione, né intermedia, né finale. Domani le necessità cambiano e hai bisogno di gestire anagrafi differenti ma coordinate? Primeur Data One entra in gioco come un mediatore. È totale libertà di evoluzione del sistema informatico e gestionale. Il cliente finale non si deve accorgere di nulla, ma la differenza di servizio passa da queste integrazioni.”
Ma quali sono le novità e i trend che caratterizzeranno il settore finanziario nei prossimi anni? Il prof. Federico Rajola, Direttore del CeTIF, Centro di Ricerca su Tecnologie, Innovazioni e Servizi Finanziari, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano afferma che “Nel contesto attuale, gran parte delle istituzioni finanziarie stanno sostenendo l’evoluzione verso il digitale, con Customer Journey ibride che privilegiano l’operatività digitale rispetto a quella fisica e quindi con prodotti e servizi on-demand e real time. Gli Analytics e l’Intelligenza Artificiale diventano così strumenti fondamentali, garantendo una sicurezza by design nella relazione con il cliente. La remotizzazione della distribuzione e della consulenza a privati e imprese – conclude il prof. Federico Rajola – anche in prospettiva sarà un asset strategico e si concretizzerà nel cosiddetto modello a tre parti: cliente – gestore – specialista”.
Blockchain, intelligenza artificiale, sistemi voicebot e chatbot, sono gli strumenti che le banche hanno intenzione di adottare per migliorare la user experience dei propri clienti. Il riconoscimento vocale biometrico, necessario per verificare le identità dei clienti nelle attività telefoniche, mira a ridurre le frodi e a semplificare il processo bancario telefonico. L’Intelligenza Artificiale, invece, comprende l’introduzione di sistemi, piattaforme o algoritmi specifici di machine learning o deep learning. Tra i vantaggi che si nascondono dietro l’adozione di nuove tecnologie nel settore bancario, oltre all’approccio ancora più personalizzato a disposizione del cliente, c’è la possibilità di preservare gli investimenti grazie all’immediata integrazione con la tecnologia omnicanale e di generare sempre più fiducia nel brand che si rinnova. Una trasformazione digitale quasi necessaria se si pensa che, secondo uno studio condotto da Chase, il 99% della Generazione Z e il 98% dei millennial si affidano completamente alle app di mobile banking per svolgere qualsiasi azione finanziaria.
Come reagiranno, invece, le altre generazioni alle trasformazioni nel settore dell’internet banking? “Innanzitutto bisogna fare delle distinzioni fra il mercato e i contenuti dell’offerta di banking – spiega la prof.ssa Anna Omarini, docente in fintech for banking and financial transformation all’Università Bocconi di Milano – Il mercato potrebbe polarizzarsi, ovvero da un lato gli utilizzatori «seriali» di banking a distanza troveranno nel web, nello smartphone e in altri nuovi player il modo più efficace, efficiente ed engaging per svolgere le proprie attività bancarie e finanziarie, mentre dall’altro lato, ci sarà ancora una parte di mercato meno dipendente dal digitale che continuerà a recarsi in filiale o in un altro punto di contatto fisico, nonostante la situazione attuale ci mostri comunque la necessità di adeguarsi a maggiori interazioni a distanza. Per quanto riguarda i contenuti dell’offerta, ci sarà sempre più un banking inserito nella quotidianità e nelle abitudini dei clienti, e un banking che si sta già innovando nell’area del financial advisor, ricercando un equilibrio tra uno human-touch, laddove la relazione si svolgerà a distanza, e un contenuto tecnologico laddove in filiale o in un advisory office, la relazione sarà «in presenza». In conclusione, assisteremo a un new banking che potrà acquisire sempre più consensi, a patto però che sia mantenuta fiducia, trasparenza e tutale dei dati e della privacy dei clienti”.