MILANO – Leucemie, sindromi mielodisplastiche, linfomi, alterazioni nella proliferazione delle cellule del sangue, disordini neurologici, disordini autoimmuni, disordini cardiovascolari, diabete e disordini metabolici, disordini ortopedici e non solo. Queste alcune delle patologie trattabili con cellule staminali da cordone ombelicale prelevato da un familiare, con trapianto autologo-dedicato, è quanto emerso da un’analisi della Dott.ssa Stefania Fumarola, biologa e responsabile scientifica di In Scientia Fides, che spiega:
“Le cellule staminali mesenchimali e lo stesso tessuto del cordone ombelicale, utilizzato tra consanguinei, si sono dimostrati validi per varie patologie. Gli innumerevoli utilizzi ne dimostrano l’efficacia oltre alla versatilità. Le cellule staminali da cordone ombelicale risultano più idonee in quanto più giovani e più efficienti nel produrre le cellule del sangue con una maggiore capacità di moltiplicarsi e di attecchire essendo anche più neutre grazie alla loro immaturità immunologica e in caso di trapianto suscitano una reazione di rigetto attenuata se non assente. È importante informare correttamente le famiglie e tutelare il settore”.
In Italia è possibile conservare le cellule staminali da sangue cordonale quando vi è tra i consanguinei una patologia presente nel documento allegato al Decreto Ministeriale del 18 novembre 2009 aggiornato il 22 aprile 2014, per la quale è clinicamente riconosciuto l’utilizzo terapeutico (utilizzo autologo e autologo-dedicato) ma non solo, la norma consente la conservazione per uso autologo dedicato anche in caso di particolari patologie, non ancora presenti nell’elenco ma per le quali sussistono comprovate evidenze scientifiche di un possibile impiego anche nell’ambito di sperimentazioni cliniche approvate secondo la normativa.
Il piccolo Vladomir, nato da parto gemellare a 32 settimane di gestazione ha subito danni cerebrali da encefalopatia ipossico-ischemica (HIE) che si verifica quando un bambino subisce una privazione di ossigeno alla nascita. Grazie al trapianto di cellule staminali da cordone ombelicale prelevate dal fratello minore alla nascita Vladomir è potuto tornare a vedere. È stato possibile effettuare un trapianto di oltre 60 milioni di cellule staminali mesenchimali somministrate mediante tre modalità simultaneamente: per infusione endovenosa, per iniezione intratecale (nel canale spinale) e per iniezione retrobulbare (dietro l’occlusione del nervo ottico).
L’incidenza di HIE è del 60% nei neonati prematuri di peso inferiore a 1,5 Kg di peso, una percentuale tra il 20% e il 50% dei neonati asfittici che sviluppano una encefalopatia ipossico-ischemica muoiono nel periodo neonatale, dei sopravvissuti circa il 25% presenta handicap neurologici maggiori (paralisi cerebrale, ritardo mentale, disturbi d’apprendimento, epilessia).
Diversi studi clinici, approvati dalla FDA, hanno dimostrato che le iniezioni di cellule staminali mesenchimali nell’occhio possono ripristinare la vista in pazienti con condizioni oftalmologiche considerate “non curabili”, come l’atrofia del nervo ottico[1]. Un follow-up medico a 12 mesi dall’inizio della terapia ha mostrato notevoli miglioramenti soprattutto nella vista, prima del trattamento, l’acuità visiva di Vladomir era 0,02 in entrambi gli occhi dopo il trattamento, la sua vista è migliorata passando a 0,15 nell’occhio sinistro e a 0,20 nell’occhio destro.
Secondo il report annuale del Centro Nazionale Sangue nell’anno 2021 erano disponibili 4.414 unità di sangue di cordone ombelicale per uso autologo-allogenico-dedicato (ad uso famigliare) ne sono state distribuite 194 che sull’insieme di unità rilasciate rappresenta il 10,8%. La conservazione di cellule staminali da cordone ombelicale per utilizzo autologo dedicato rappresenta una vera risorsa per l’intera famiglia fino al II grado di parentela.