MILANO – Quando si pensa ai robot in fabbrica, è opinione comune che prima o poi sostituiranno la componente umana del lavoro. Realtà o fantascienza? La verità è che sono i lavoratori stessi a beneficiare per primi della tecnologia. A una condizione: che non si perda di vista la centralità della persona. A rilevarlo è uno studio dell’Università di Padova svolto in collaborazione con Considi, tra le principali società italiane di consulenza nel campo dell’Operation & Innovation Management, per capire come le tecnologie digitali stiano cambiando il mondo manifatturiero.
Dalla ricerca, svolta su un campione di 122 operatori di diverse linee di produzione (principalmente linee di assemblaggio e controllo qualità) in 19 imprese manifatturiere del Nord-Est, è emerso un quadro sorprendente: i lavoratori delle linee supportate da tecnologie digitali si sentono più autonomi nello svolgere le loro attività rispetto ai colleghi che lavorano in linee prive delle nuove tecnologie (+16%). Ma non è tutto. Gli operatori che lavorano in sinergia con l’Internet of Things ricevono più feedback sulle modalità migliori di svolgimento del loro lavoro (+39%) e trovano i loro compiti meno complessi (-17%). E non è una questione di età o di studio: ciò vale a prescindere dall’età e dal percorso di formazione.
La ricerca è stata presentata ieri pomeriggio, nel corso di un webinar organizzato da Considi, dai curatori dello studio: i docenti dell’Università di Padova Andrea Furlan, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese, e Andrea Vinelli, Professore Ordinario di Ingegneria Economico-Gestionale, e i ricercatori Luca Vendraminelli, ricercatore post-doc di Ingegneria Economico-Gestionale presso l’ateneo patavino e visiting fellow alla Harvard University, e Ambra Galeazzo, ricercatrice di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università di Padova.
«I nostri risultati, sorprendenti e controintuitivi, prefigurano scenari in cui le tecnologie non solo integrano il lavoro umano senza sostituirlo, ma potenziano il ruolo dell’uomo» spiegano i curatori dello studio. «I dati raccolti ci portano ad affermare che, quando la tecnologia digitale è presente in produzione, la percezione della qualità del lavoro cambia e in meglio, in termini di engagement, empowerment e proattività. Abbiamo inoltre scoperto che le linee supportate da tecnologie digitali con un approccio manageriale centrato sulla persona, attraverso la formazione e il team work, hanno lavoratori che ricevono maggiori feedback sulla performance del loro lavoro (+14%), che si sentono ancora più autonomi nel prendere le loro decisioni (+9%) e che hanno un lavoro molto più vario (+8%). Questo dimostra che mettere al centro le persone è una scelta che premia. Ecco il segreto di una rivoluzione che sta cambiando il lavoro alle fondamenta».
«La digitalizzazione del lavoro e dei processi aziendali non è un’esclusiva dei colossi della tecnologia, ma è al centro del cambiamento in atto in molti settori. È un processo che sta tenendo a galla l’economia del Paese», dichiara Gianni Dal Pozzo, Amministratore delegato Considi. «Ma per fare innovazione è necessario identificare, pianificare e governare il percorso di trasformazione digitale delle aziende. Questo significa avere una visione lucida e sistemica del proprio modello di business. Il tutto in una rinnovata attenzione al fattore umano, vero motore del cambiamento. Oggi più che mai, infatti, l’uomo è protagonista di una rivoluzione industriale e culturale in cui la sua creatività, la sua umanità e la sua intelligenza sono le chiavi che guidano l’innovazione e che determinano il successo di un’impresa».