MILANO – Terza settimana di rilevazione dell’opinione pubblica sulle piattaforme del digitale italiano, grazie ai dati di Pulsar: cosa pensiamo del Coronavirus oggi? Con l’arrivo della bella stagione abbiamo una grande voglia di cambiar pagine, di chiudere con la Fase 1. Si parla in generale un po’ di meno sui social media, con un sentiment complessivo che migliora di due punti percentuali verso l’ottimismo. Cambia la qualità degli argomenti con i quali le testate tradizionali raccolgono più Like su Facebook: compaiono più volte farmaci e vaccini, si inizia a pensare concretamente alle vacanze. Ma si inizia a parlare di inchieste giudiziarie e il tono polemico della conversazione politica è più evidente. Poco pragmatismo, molto pensiero emozionale e magico: un tono tipico dei social media, tanto più evidente in un paese mediterraneo come l’Italia. La nuvola degli argomenti mostra sempre una grande attenzione al privato: la quarantena è vissuta con fatica e ha sentiment negativo, mente l’hashtag #iorestoacasa racconta di una vita quotidiana tutto sommato serena. Su Instagram, dove le notizie sono meno prominenti, la Pasqua prende decisamente il sopravvento sull’epidemia.
Cosa ci manca di più in questa quarantena? Abbiamo chiesto di leggere i dati a Daniele Marini, Professore all’Università di Padova e Direttore scientifico di Community Research and Analysis. “Vediamo calare il lavoro, dal 19-20% al 15%. Più che perdere di importanza, direi che in queste tre settimane abbiamo imparato a fare smart working. Molti di noi sono stati capaci di traslare il lavoro dal fisico al metafisico e, in parte, si inizia ad intravedere un primo ritorno in ufficio. Si è parlato moltissimo di smart working a fine marzo e si ritorna a parlarne un po’ negli ultimi giorni per le indicazioni della Fase 2. Quello che invece non è stato possibile sostituire del tutto con il digitale è la natura, il contatto fisico, uscire con gli amici. Con il passare dei giorni, finito l’entusiasmo per i ritrovi in videochat, emergono forte i bisogni relativi all’area della socializzazione: le vacanze come momento di vita all’aria aperta, gli amici più per il contatto fisico che per la vita notturna.”
La lettura di Marini trova conferma nei dati relativi alla conversazione sull’ambiente domestico. Nel corso delle tre settimane il letto perde di importanza, se ne parlava nel 38% dei casi a fine marzo mentre siamo adesso al 20%. Stiamo leggermente di più in cucina ma molto di più a chiacchierare a tavola (dal 15% al 21%). Il balcone e il terrazzo sono quasi raddoppiati nelle tre settimane, dal 13% al 25%: la valenza è cambiata, non è più il balcone della bandiera e degli applausi. Sulle grandi testate lifestyle si parla ormai di tintarella da appartamento, tutto pur di assaporare una primavera che ci deve far dimenticare l’orrore delle settimane passate. Il sentiment verso il futuro migliora, passando dal 47% della scorsa settimana al 51% della settimana di Pasqua.
Abbiamo poi osservato i personaggi pubblici, in particolare gli specialisti cruciali alle gestione della crisi: medici e virologi, economisti, psicologi. La rilevazione ci mostra una prima fase, con picco il 22 marzo, dominata dalla conversazione riguardo ai medici, gli eroi tanto rappresentati anche dai magazine di tutto il mondo***.
In quel momento la share of voice di circa 16 mila messaggi era questa: 81,5% medici in genere, 12,5% virologi, 4% psicologi e 2% economisti. Il 14 aprile invece abbiamo letto 9 mila messaggi nei quali i medici sono scesi al 64,8%, quasi raddoppiati i virologi al 21,6%, più che raddoppiati gli psicologi al 9,6% mentre gli economisti rappresentano il 4% dei messaggi. Un dato che ancora una volta sembra rappresentare una realtà molto emotiva e poco fattuale, dove c’è grande bisogno di gestire il mondo interiore ma forse una consapevolezza un po’ carente rispetto alle competenze necessarie per affrontare la crisi economica più grave dell’ultimo secolo. Rispetto a Colao, alla testa della task force per la Fase 2, rileviamo 50 mila messaggi nell’ultima settimana con un sentiment relativamente negativo come intensità ma molto presente come percentuale (circa 5 a 1). L’emozione dominante nei suoi confronti risulta la paura. Parole più spesso associate al suo nome: nel quadrante positivo la professionalità e il track record, per la vox populi “è un pezzo da novanta”. Nel quadrante negativo invece parole come Bilderberg, austerità, la Grecia, le questioni di legittimità istituzionale e, scatenati dal suo passato in Vodafone, addirittura il grande fantasma complottista del 5G e molte paure per il rischio di controllo sociale esercitato grazie alle app di contact tracing.
Sentiment decisamente positivo invece per i brand attivi con donazioni, con share of voice pari a 28% per Decathlon, 21% per Armani, 18% per Valentino, 8% per Pirelli, 4% per Bulgari, 3,5% per Calzedonia, 2,9% per Fondazione Angelini e poi via via molti altri nomi italiani con percentuali molto piccole.