ROMA – Uno studio ENEA, realizzato in collaborazione con le Università di Urbino e Singapore, ha permesso di individuare in alcuni farmaci già in uso nella pratica clinica proprietà che contrastano i meccanismi cellulari e molecolari dell’infezione da virus SARS-CoV-2 e la progressione della malattia COVID-19. La ricerca realizzata con il Big Data approach, ovvero utilizzando piattaforme computazionali che raccolgono una grande mole di informazioni, è stata pubblicata sulla piattaforma “Research Square” e a breve apparirà anche sulla rivista internazionale peer-reviewed “Frontiers in Pharmacology”
Lo studio è stato ispirato al “repurposing”, ossia riqualificazione – tra le linee guida raccomandate dalla Comunità europea – e prende in considerazione farmaci già in uso, approvati sia dall’European Medicines Agency (EMA) che dalla Food and Drug Adminstration (FDA), noti per l’azione come antitumorali, chemiopreventivi, broncodilatatori, antipertensivi, in grado però di colpire anche i bersagli molecolari della COVID-19, bloccandone o limitandone la progressione. Lo studio in silico ha permesso di predire i meccanismi molecolari dell’infezione ed individuare possibili farmaci.
“A questa ricerca ha collaborato Seeram Ramakrishna, uno dei tre più quotati ricercatori a livello mondiale nel campo della bioingegneria, secondo la recente classifica Google “World ranking of scientists”, spiega Laura Teodori, del Laboratorio Diagnostiche e Metrologia ENEA, primo autore della pubblicazione.
“Lo studio è stato il primo in assoluto ad aver identificato la proteina HDAC (istone deacetilasi), una tra le più importanti molecole che regola l’espressione dei nostri geni, come utile bersaglio terapeutico per contrastare il virus. I risultati validati dal confronto con i dati clinici di uno studio cinese su 1096 pazienti di COVID-19, aprono la strada a nuovi studi nel settore del drugrepurposing e drug-discovery”, aggiunge Teodori.
“Successivamente, altri gruppi hanno evidenziato l’HDAC come utile bersaglio per contrastare il virus SARS-CoV-2. Si tratta di un risultato di notevole impatto clinico, in quanto esiste già un discreto numero di farmaci e anche composti bioattivi di origine naturale come la quercitina, un flavonoide presente in alcunialimenti, con comprovata attività HDAC inibitrice, attualmente utilizzati per altre patologie che potrebbero essere reclutati per contrastare la malattia COVID-19”, conclude Teodori.