BOLOGNA – Creare allevamenti più moderni favorendo l’adozione di nuove tecnologie per praticare una zootecnia di precisione, che aiuti a migliorare la produzione di latte, a ridurre l’impatto ambientale delle stalle e ad aumentare il benessere animale. E poi aggregazione dell’offerta, consolidamento dell’operatività dei consorzi di tutela, supporto alla capitalizzazione delle imprese attraverso strumenti finanziari mirati e valorizzazione del marchio “Italia” sui mercati esteri. Senza dimenticare una vera e propria task force comunicativa per sfatare il mito che vuole la zootecnia nemica dell’ambiente e l’impegno per una lotta senza quartiere a chi mette in discussione la tradizione agroalimentare italiana: carne sintetica in primis. Ma per centrare tutti questi obiettivi il settore lattiero-caseario italiano ha bisogno di misure strutturali e di un sistema Paese che aiutino le aziende agricole, quelle della trasformazione e la grande distribuzione a far fronte all’impennata dei costi di produzione su cui pesa il rincaro dell’energia, oltre a preservare il potere d’acquisto dei consumatori, eroso dall’inflazione.
Questo il messaggio lanciato dai più importanti attori del lattiero-caseario riuniti a Bologna per la quarta edizione del Dairy Summit, l’evento organizzato dal Gruppo editoriale Tecniche Nuove per mettere a confronto tutte le anime della filiera lattiero-casearia del nostro Paese: dalle aziende agricole che producono le materie prime per l’alimentazione delle bovine, alle stalle, alle industrie di trasformazione, fino alla grande distribuzione, passando per i consorzi di tutela delle grandi denominazioni d’origine.
«Non c’è più un secondo da perdere per dare sostegni alle imprese e alle famiglie che devono affrontare questa emergenza – ha sottolineato l’assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna Alessio Mammi – la zootecnia è un settore produttivo molto importante per la nostra regione che crea posti di lavoro e contribuisce allo sviluppo. Spesso viene accusato di non essere sostenibile dal punto di vista ambientale – ha aggiunto – invece è semmai vero il contrario, abbiamo le prove scientifiche del fatto che la zootecnia non inquina, oltre a favorire l’economia circolare: ma abbiamo una grande difficoltà a comunicarlo. Credo servirebbe un Ocm latte – ha concluso Mammi – per dare un supporto concreto a tutta la filiera».
«Abbiamo stanziato un plafond di otto miliardi di prestiti per famiglie e imprese per aiutarle in questo periodo difficile – ha detto il responsabile sviluppo territoriale di UniCredit Stefano Gallo – nello specifico per il settore lattiero-caseario, che ci interessa molto, stiamo valutando misure specifiche, bisogna fare sistema anche attraverso la consulenza per consentire alle imprese di crescere anche intercettando i fondi del Pnrr».
Ersilia Di Tullio, senior project manager di Nomisma ha presentato lo studio “Rating delle filiere agroalimentari italiane: il posizionamento del lattiero-caseario secondo l’AGRI4indexTM di Nomisma-UniCredit”. L’indagine ha messo in luce un significativo differenziale di competitività dell’Italia rispetto a Francia e Germania, in parte compensato dai risultati dei circuiti delle nostre produzioni casearie di qualità, tra cui ben 52 Dop. Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto riescono a raggiungere performance uguali se non superiori a quelle dei principali concorrenti europei, cioè Germania e Francia, ma nel resto d’Italia il comparto fatica a tenere il passo. In base al rating attribuitole dall’indice la filiera “latte e formaggi” è comunque seconda, dietro solo a quella del vino.
«Non bisogna essere rassegnati in questo periodo, ma rilanciare, tant’è che abbiamo chiesto la creazione di un ministero della sovranità agroalimentare. Oggi dovremmo ragionare di interventi strutturali – ha fatto notare il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – servono misure tempestive, Spagna e Francia per esempio le hanno adottate mentre l’Italia sta aspettando le soluzioni comunitarie. Le nostre imprese e le nostre cooperative non sono mai accompagnate da un sistema Paese, mentre all’estero questo aiuto c’è. E poi bisogna iniziare una battaglia di trasparenza e verità sull’impatto ambientale della filiera zootecnica e più in generale del settore agricolo, che vada a smontare un percepito dell’opinione pubblica che è devastante».
E ancora, il presidente di Coldiretti ha lanciato l’allarme contro i cibi sintetici: «Un rischio che non dobbiamo sottovalutare, le multinazionali del cibo stanno facendo grossi investimenti per creare alimenti “Frankenstein” e allo stesso tempo strumentalizzare le nostre attività agroalimentari, figlie di tradizioni secolari».
Angelo Rossi del Clal e Alessandro Poli di Iri, hanno presentato analisi sull’andamento dei costi di produzione e dei prezzi del latte e sui consumi. L’incremento dei costi coinvolge tutta la filiera, dalle materie prime per la razione delle bovine all’energia elettrica, dal gasolio ai materiali per il packaging. A sostenere i fatturati delle aziende lattiero-casearie è soprattutto l’export, anche se i consumi di latte e formaggi sono in leggero calo.
Le tavole rotonde
Tre le tavole rotonde della mattinata: una dedicata alla parte agricola, una alle industrie lattiero-casearie e una ai consorzi di tutela dei formaggi Dop. Durante la prima, a cui hanno partecipato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, i vicepresidenti di Confagricoltura Matteo Lasagna e di Cia Gianmichele Passarini, il presidente del settore lattiero-caseario di Alleanza Coop Giovanni Guarneri e il vicepresidente di Assolatte Antonio Auricchio, è stato ribadito come le stalle italiane stiano vivendo una crisi senza precedenti che rischia di mettere in crisi tutta la filiera del latte. Per questo occorrono misure strutturali a tutela di un settore che paga insieme i rincari delle materie prime, gli effetti della siccità e la volatilità dei prezzi sui mercati. Tra gli allevatori pesa la paura e l’incertezza del futuro legata al perdurare della guerra. Ecco perché diventa sempre più urgente e necessario per il settore avere a disposizione un meccanismo per l’adeguamento del prezzo del latte nel corso dell’anno, sulla base dello sviluppo dei mercati.
Inoltre, servirebbero azioni di promozione unitarie e maggiori investimenti sulla qualità certificata, incoraggiando allo stesso tempo processi di aggregazione, attraverso la creazione di Op per incidere nella programmazione, nella definizione del prezzo e nella più equa distribuzione del valore su tutte le componenti della filiera.
I rappresentanti delle industrie lattiero-casearie (Gianpiero Calzolari, presidente Granarolo, Giovanni Pomella, amministratore delegato Lactalis Italia e Ambrogio Invernizzi, presidente Inalpi), hanno fatto notare come i costi dell’energia siano diventati insostenibili e hanno chiesto a gran voce al nuovo governo che sta per nascere misure concrete e urgenti per sostenere la competitività delle imprese italiane. Dal dibattito è emerso anche come per troppo tempo il prezzo dei prodotti lattiero-caseari sia stato basso e ora il rincaro spinto dall’inflazione li sta riposizionando in una fascia più corretta che ne premia maggiormente il valore, soprattutto per le Dop.
Meno problematica la contingenza per le grandi Dop, almeno stando alle parole del direttore del Consorzio Grana Padano Stefano Berni, del direttore marketing e sviluppo commerciale del Consorzio Parmigiano Reggiano Carlo Mangini, e del direttore del Consorzio Mozzarella di Bufala Campana Dop Pier Maria Saccani. I consumatori attribuiscono ancora un elevato valore a questi prodotti, in più, una quota molto importante del fatturato viene dall’estero. E, tanto per fare un esempio, negli Stati Uniti il Parmigiano Reggiano si vende a 40 euro al chilo. Ma per mantenere questa posizione di mercato favorevole i consorzi hanno ribadito la necessità di mantenere alta la qualità e investire sulla trasparenza e sulla tracciabilità.
In chiusura, l’europarlamentare Paolo De Castro ha da un lato rassicurato la filiera lattiero-casearia sulla volontà dell’Unione europea di arrivare a un tetto sul prezzo del gas, dall’altro ha invitato tutto il settore agroalimentare a tenere alta la guardia nei confronti di chi vuole colpire la nostra zootecnia e demonizzare le nostre eccellenze agroalimentari, ad esempio imponendo etichettature fuorvianti. «Alcuni burocrati europei non vogliono che il consumatore scelga cosa acquistare – ha concluso De Castro – è importante reagire a questa deriva promuovendo la dieta mediterranea».