Non c’è niente di più forte e trainante di una pandemia globale per accelerare dinamiche sociali e di business. Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo assistito a una digitalizzazione che ha pervaso tutti i tipi di mercati, di organizzazioni e di processi. Abbiamo avuto accesso agli spazi più privati e alle vite dei nostri colleghi, e le organizzazioni stanno ora riconsiderando le proprie idee riguardo iconcetti di produttività elavoro flessibile.
A livello sociale, lockdown e distanziamento sociale hanno stimolato interrogativi su come progettare al meglio le nostre città, i nostri edifici e come gestire l’educazione dei nostri figli. Nonostante la penalizzazione della sfera sociale e la vita trascorsa in una sorta di bolla, come individui siamo anche diventati più consapevoli dell’incredibile interconnessionedel mondo in cui viviamo.
La presa di coscienza di avere una responsabilità reciproca all’interno di una comunità più ampia e delle conseguenze – concrete – delle nostre azionihanno giocato un ruolo veramente centrale negli ultimi mesi, nella vita realequanto attraverso gli schermi dei nostri PC, ogni giorno.
Non dovrebbe quindi sorprendere che la consapevolezza su tematiche sociali più ampie sia stata decisamente sovralimentata durante la pandemia. Attivisti sociali e sostenitori dei diritti dei lavoratori hanno trovato le proprie voci amplificate. La crisi climatica e la conseguente necessità di azione hanno avuto un riconoscimento sociale accelerato, e il nascente movimento verso una visione del business più incentrata sugli stakeholder ha certamente cambiato marcia.
Nell’era della pandemia, l’Environmental, Social and Governance (ESG) è diventato – di fatto- “maggiorenne”, e sta rimodellando nel contempo le aspettative sulla relazione e la responsabilità delle imprese verso le società in cui operano.
Tecnologia: salvifica o peccatrice?
Quando si tratta di ESG, il settore tecnologico ha una reputazione decisamente composita e frammentata. Da una parte, la digitalizzazione – e tutto ciò che comporta – è spesso vista come il mezzo attraverso il quale nuovi settori raggiungeranno gli obiettivi di maggiore sostenibilità.
C’è molto di vero in questo. Se usata in maniera accorta e responsabile, la tecnologia porta benefici senza precedenti, trasformando profondamente i modelli di business e persino le società, accelerando ogni tipo di bene sociale.
Tuttavia, rimane anche un lato più oscuro che dobbiamo riconoscere: la tecnologia introduce nuove minacce alla privacy e alla sicurezza; crea nuovi problemi sociali come la dipendenza dallo schermo; e richiede necessariamente l’introduzione di un dibattito etico intorno al potere dell’IA, alla libertà di espressione e alla partecipazione democratica. Questioni, queste, che devono essere riconosciute, discusse e affrontateper mantenere una società sana.
Si dovrebbe poi anche ammettere che il settore tecnologico è un consumatore significativo di energia nel mondo. L’energia consumata globalmente dai data center è stimata intorno all’1,5% della produzione totale di elettricità di tutto il mondo.
Gli investitori sono d’accordo che…
Le aziende stanno oggi contribuendo proattivamente e positivamente a un’ampia varietà di questioni sociali urgenti, dal clima e la sostenibilità alla diversità e all’uguaglianza sul posto di lavoro. Una sensibilità rinnovata che non coinvolge solo le operations interne, ma che si estende anche alle supply chain globali, con la consapevolezzache gli eventuali impatti negativi introdotti da un outsourcing non possano più essere nascosti o giustificati.
Recentemente, il retailer di moda britannico BooHoo è statomesso alla gogna dopo che i media avevano portato alla luce le cattive condizioni di lavoro in cui versavano i dipendenti, un’infelice scoperta che ha portato i suoi rivenditori a stracciare i contratti, preoccupati per la propria reputazione. Da allora BooHoo ha annunciato l’impegno a migliorare le condizioni di lavoro dei dipendentiattraverso la supply chain, la mappatura e pratiche di audit interni.
BooHoo potrebbe rappresentarea tutti gli effetti la quintessenza di un brand Millennial, ma le generazioni più giovani sono pronte invece adallocare i propririsparmi là dove risiedono anche le loro convinzioni. Una recente ricerca mostra che il 47% della generazione Z (in generale, i nati tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2010) è disposto a pagare di più per beni o servizi di un’organizzazione che dimostra il suo impegno per la carbon neutrality.
Forse la prova più convincente dell’importanza dell’ESG nella sfera aziendale è che anche gli investitori stanno iniziando a riconoscerlo e a rispondere ad esso. Secondo MorningStar, i fondi azionari sostenibili (cioè quelli che si concentrano su aziende che sono impegnate in un approccio ESG) hanno superato quelli tradizionali alla fine del 2020, e l’importo investito in questo genere di investimenti è più che raddoppiato nell’ultimo anno. I fondi ESG hanno catturato 51,1 miliardi di dollari di nuovo denaro netto dagli investitori nel 2020 – in aumento rispetto ai 21 miliardi di dollari del 2019.
Un cambiamento autentico
La combinazione di regolamentazione, linee guida e azioni degli investitori, pressione delle ONG, cultura aziendale e aspettative dei consumatori è un mix potente. I riflettori sono ora puntati sulle aziende che hanno l’opportunità di alzare l’asticella per fare bene, e fare delbene.
Ma rimane ancora una domanda importante: non si tratta solo di un carico di greenwashing? Stiamo veramente entrando nell’era della Corporate Social Responsibility 2.0?
Anche se alcune aziende lo facessero, questo non sarebbe un buon motivo per liquidare il fenomeno Environmental, Social e Governance a priori, perché è parte integrante delle azioni e delle decisioni dell’intera organizzazione, e inizia proprio dal vertice. Il movimento per diventare corporate citizenpiù genuinamente responsabili coinvolge e influenza l’intera azienda: il suo scopo, i prodotti, il management, le operations, i dipendenti, la finanza, la supply chain, le risorse umane, l’IT, i clienti, il marketing, le vendite e altro ancora. È integrato nella strategia e nel processo decisionale dell’azienda: ecco perché quasi la metà delle aziende FTSE 100 ha legato la retribuzione dei dirigenti agli obiettivi ESG.
Alla fine, l’approccio CSR è stato in parte abbandonato perché non ha prodotto un autentico cambiamento. Invece, l’ESG in molti casi richiederà grandi cambiamenti all’interno delle strutture organizzative, nelle policy, nelle pratiche e nei processi. È un approccio che richiede azione e trasparenza, spesso coinvolgendo un profondo cambiamento sistemico all’interno e tra le organizzazioni.
Un buon business
L’altra grande differenza è che la CSR non è mai stata realmente considerata come un fattore centrale nel business.
Le aziende che abbracciano l’ESG, invece, sono considerate più resistenti agli shock di mercato, e alcune hanno registrato performance migliori rispetto ai propri competitordurante la pandemia. Non abbracciare l’ESG può essere un rischio anche per il business, con un impatto potenziale negativo su investimenti, reputazione, clienti, dipendenti e opportunità di business.
La modalità con la quale le organizzazioni si impegnano con la comunità globale non è più solo una pagina redatta all’interno del propriobilancio annuale, o un punto di discussione durante riunioni di relazioni con gli investitori. È un modo di fare business. E le aziende lo stanno accogliendo non solo perché è (anche) un bene per le entrate, ma soprattutto perché è la cosa giusta da fare.
Raffaele Gigantino*
*Country Manager VMware Italia