ORTONA, Chieti – Nel terremoto economico e finanziario attuale, che peraltro segue le già difficilissime fasi della pandemia, arriva una piccola contrazione dei volumi di mercato ma che risulta ampiamente compensata dalla crescita del livello qualitativo nella propensione d’acquisto, tanto da generare un significativo aumento di fatturato. Di più: emerge l’ulteriore conferma di come il proprio modello di business “storico” – eccellenza di produzione, tutela dei partner, customer care, efficientamento, flessibilità – risulti perfetto per i tempi così complessi che stiamo vivendo, tanto da risultare alla fine oggettivamente premiante pur in mezzo alle tante incognite. Son queste, in estrema sintesi, le “considerazioni di fine vendemmia” che è possibile trarre dall’analisi dei risultati di Fantini Group, la giovane realtà vinicola abruzzese che, fondata e guidata da Valentino Sciotti, in pochissimi anni è diventata leader tra le aziende esportatrici del Sud Italia, grazie a un’attenta politica votata alla più alta ricerca qualitativa e di marketing. È possibile stilare un primo bilancio, seppur parziale, di questo complesso 2022 di Fantini, ora che la raccolta delle uve è completata praticamente ovunque (ricordiamo che il gruppo applica un modello di diversificazione territoriale, andando così a operare attraverso i propri produttori consociati in aree differenti, soprattutto nel nostro Meridione: Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna, oltre alla Toscana). Intanto, la vendemmia: le stime sono incoraggianti. Emerge una caratteristica su tutte: l’annata è invero interessante sia a livello quantitativo che qualitativo, ha insomma regalato ottima e abbondante materia prima. Proprio per queste ragioni, Fantini Group ha ancor più potenziato la propria attività di vinificazione, anche in termini di volumi, proprio perché ha riscontrato i presupposti necessari per scommettere ancora una volta sul proprio futuro. «Intravvediamo una grande opportunità nel lavorare tutto il ciclo produttivo, dal chicco d’uva alla bottiglia, per orientarci in particolare sui prodotti più blasonati e di qualità. Facciamo insomma un ulteriore investimento sulla base di una vendemmia che non possiamo non definire ottima», spiega Carlo Piretti, general manager del gruppo con sede a Ortona (Chieti). Questa rinnovata sfida – per un’azienda che non si stanca mai di crescere – comporta tutta una serie d’interventi per affrontare i punti interrogativi che si affastellano ogni giorno rendendo scivoloso lo scenario economico mondiale: «L’eccellenza della materia prima 2022 dovrebbe rendere un po’ più bilanciati i prezzi di acquisto delle uve e dei prodotti già lavorati dai nostri partner e dalle cantine consociate» spiega Piretti. E aggiunge: «D’altro canto, il boom del costo della manodopera e dell’energia ci costringe a fare analisi continue, anche “in corsa”, al fine di ottimizzare sempre più l’uso delle nostre risorse. Ci troviamo di fronte a una situazione per la quale i prezzi dell’energia – davvero rilevanti per una azienda vinicola, si pensi alle varie fasi di lavorazione, fermentazione e conservazione delle uve – hanno un’incidenza sempre maggiore».
I DATI
A fronte delle circa 28 milioni di bottiglie prodotte nel 2021, sulla luce di quanto abbiamo detto la previsione del 2022 è di 26,5 milioni di bottiglie, in virtù proprio del calo della domanda nel segmento off trade. «Invece, dal punto di vista del fatturato pensiamo perlomeno di confermare i risultati dello scorso anno», quindi da un dato attorno ai 91 milioni di euro del 2021 a una previsione tra i 91 e i 93 dell’anno in corso, con rallentamento nel numero di bottiglie ma con un’ottima tenuta sulle marginalità. E poi, l’Ebitda: «Non dovremmo essere penalizzati, nonostante l’incremento dei costi e grazie alle politiche di variazione dei prezzi concordate coi nostri clienti», conclude Piretti. Si era al quasi 21% di Ebitda dello scorso anno sul prodotto imbottigliato, si passerà attorno al 20,1%. Con un terremoto in corso, non è davvero poco.
UN APPROCCIO SISTEMICO PER REAGIRE ALLE INCERTEZZE
Come si esce senza danni dal difficile scenario economico mondiale? Con un approccio unico, sistemico, è la risposta di Fantini. «Partiamo da un dato: la nostra filosofia d’impresa prevede accordi di medio-lungo periodo (da tre a cinque anni) con i produttori sul territorio, che teniamo molto a valorizzare. Le oscillazioni del costo delle uve quindi non sono così violente da un anno all’altro. Potremmo quasi “approfittarne”, ma noi vogliamo invece garantire una continuità di rapporto proprio perché ciò ci aiuta a coltivare gli standard qualitativi che ci caratterizzano da sempre. Per noi la parte agronomica è importante quanto quella enologica, penso al rispetto del disciplinare, alle best practices, ai protocolli condivisi». Tale modello vincente aiuta a mantenere e anzi accrescere l’eccellenza. In altre parole: «La qualità nel tempo avrà pure un valore! Sono scelte che continuiamo a perseguire, e cerchiamo quindi di intervenire su altri aspetti della gestione, a iniziare dalla ricerca della massima efficienza».
EFFICIENZA & QUALITÀ vs COSTI
Occorre tener conto di una situazione oggettiva che vede il deflagrare dei costi industriali e di processo, a partire dall’energia per arrivare ai materiali enologici, si pensi persino ai lieviti. Come contenere tali aumenti o addirittura compensarli senza pesare troppo sul bilancio? «Non deflettiamo in alcun modo dalla qualità», Fantini non contempla insomma la skimpflation. Semmai, sceglie di accelerare le iniziative volte alla ricerca della massima efficienza; finisce con l’essere persino più green, contrastando gli extracosti dell’energia con l’adozione sempre maggiore del fotovoltaico. «Lavoriamo “come se dovessimo far da soli”, quindi con una tensione continua all’efficientamento e all’ottimizzazione; certo per ottenere benefici ma mai a discapito della grande qualità». Perché? «Perché abbiamo costruito nel tempo, con grande passione, un solido rapporto con i nostri consumatori. Non possiamo di sicuro sacrificarlo a fronte a situazioni contingenti, momentanee (o almeno, ci auguriamo che siano tali), per quanto impegnative. Questa è la nostra decisione, anche al prezzo di perdere qualcosina in termini di marginalità. Noi puntiamo sempre a crescere, e non è pensabile continuare a farlo se rinunciassimo alla nostra identità profonda».
ALLARGARE LA RETE
Son concetti condivisibili ma che devono essere poi posti in pratica. Come reagire alla mancanza di beni di consumo, ad esempio i prodotti del vetro? La risposta di Fantini Group viene dalla sua storia: «Abbiamo costruito nel tempo una rete di fornitori alternativi, magari più piccoli. In questa situazione, con nostri investimenti diretti andiamo persino a ridisegnare il design di alcune bottiglie, pur di rispondere alle richieste dei clienti. Abbiamo poi rimodulato i piani di produzione e consegna. Facendo tutto ciò, abbiamo trovato una quadra sufficiente per garantire il livello di servizio che ci contraddistingue da sempre».
HORECA vs OFF TRADE
Nel 2020, al deflagrare del Covid, Fantini riuscì nonostante tutto a crescere grazie a un celere riposizionamento sul mercato, virando verso i canali off trade, verso la grande distribuzione. Oggi la flessibilità del gruppo torna utile, nel momento in cui s’assiste al fenomeno inverso: «Negli ultimi anni, e in particolare nel 2021 e anche nel 2022, registriamo una decisa tendenza a bere meglio, ossia si accentua la propensione al consumo di prodotti premium». Già Fantini era forte in tale ambito, con un ottimo posizionamento nel rapporto prezzo/qualità. Ora tale scelta di fondo risulta così premiante una volta di più. «Si verifica una diminuzione generalizzata (nel nostro caso, di circa il 20%) del canale off trade, che rappresentava nel 2021 il 65-68% del fatturato». Ciò per due fattori convergenti: intanto l’incremento dei prezzi di base, poi le dinamiche di taluni mercati – quelli rimasti aperti anche durante il Covid, ossia Germania, Svizzera, Scandinavia, Nord America, Stati Uniti – dove la percezione della crisi economica è molto più impattante rispetto ad aree – il Mediterraneo comprese Francia e Spagna o il Sud America – che risultano più “abituate” a siffatte oscillazioni. Ossia: dove c’è più “paura” arriva uno slittamento su posizionamenti di prezzo inferiori nella propensione all’acquisto, parliamo della grande distribuzione. Tale fenomeno risulta però bilanciato per Fantini dalle riaperture nel settore dell’Horeca, che vanno a compensare il decremento succitato, pur con tempistiche più lente. «Il combinato disposto di questi due fattori comporta la necessità di una continua innovazione della proposta: sono infatti sempre più richiesti prodotti dal packaging accattivante e dal brand prestigioso». Si vuol bere qualcosa di nuovo e di buono; è una clientela esigente che si siede al tavolo del ristorante e vuole essere soddisfatta sia dal punto di vista estetico/visivo che gustativo. «Per noi non è una grossa novità, curiamo da sempre questi due fattori. Le scelte del passato si stanno rivelando vincenti. Durante il Covid ci ha premiato la flessibilità, la capacità di approcciare l’off trade, la logistica, l’organizzazione molto reattiva; così abbiamo potuto crescere sia a livello di volumi che di fatturato; in questa fase, invece, la partita si gioca sulla corretta applicazione del nostro modello di business, spingendo molto sull’Horeca e sui negozi specializzati».
FANTINI SOSTENIBILE E GREEN
Non è l’unica dinamica alla quale Fantini Group vuol dare riscontri. Soprattutto nei Paesi del Nord Europa risulta sempre più impattante la questione della sostenibilità, ad esempio cresce l’idea di spostarsi dalla tradizionale bottiglia di vetro ad altre modalità di packaging, più sostenibili, addirittura col tetrapack, «anche se nel mondo del vino se ne parla malvolentieri soprattutto in quella fascia medio-alta che ci appartiene. Stiamo studiando questa tendenza, anche per capire se si tratta solo di una moda temporanea o di un dato ormai acquisito e che rimarrà nel futuro». Poi, aumenta la domanda di prodotti bio: «Non è una novità, ma l’ipotesi è che i volumi richiesti dal mercato divengano sempre più importanti, e questo comporta un ulteriore nostro lavoro sulla filiera. È una sfida di medio-lungo termine sulla quale non ci faremo trovare impreparati».