ROMA – Lanciato con successo dal Kennedy Space Center in Florida il 21 Dicembre 2021 a bordo del volo SpaceX CRS-24 effettuato dal vettore Falcon 9, il nano-satellite LIGHT-1 ha raggiunto la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) il giorno successivo. LIGHT-1 e’ un CubeSat delle dimensioni di 30 cm X 10 cm X 10 cm e dal peso totale di circa 5 kg, frutto di un lavoro durato due anni che ha coinvolto le Agenzie Spaziali degli Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Giappone con il fondamentale contributo della New York University Abu Dhabi (NYUAD) e della Khalifa University (KU).
Osservare i Terrestrial Gamma-ray Flashes (TGF), le emissioni naturali di raggi gamma più estremi sul nostro Pianeta.
In particolare, i TGF vengono generati in corrispondenza di tempeste e temporali, quando i campi elettrici associati ai fulmini raggiungono intensità tali da innescare il meccanismo di produzione della radiazione. Nonostante siano stati osservati in passato da molte missioni spaziali, LIGHT-1 sarà il primo esperimento “free-flyer” interamente dedicato alla rivelazione di TGF dallo spazio.
“La scienza dei TGF è ancora molto aperta: i modelli che interpretano i meccanismi di produzione e innesco dell’evento sono ancora incompleti e dunque sicuramente si tratta di un campo affascinante che lascia spazio a nuove scoperte”, spiega Adriano Di Giovanni, dal 2021 Assistant Professor al Gran Sasso Science Institute, associato INFN e membro del Center for Particle and Planetary Physics (CAP3) di NYUAD.
Di Giovanni, è stato il responsabile del payload in tutte le sue fasi di evoluzione; la progettazione, realizzazione e qualifica del payload della missione è stata guidata dal team del Prof. Francesco Arneodo di NYUAD in collaborazione con l’azienda italiana AGE Scientific SRL in provincia di Lucca.
LIGHT-1 rappresenta un pathfinder scientifico e tecnologico per una missione più complessa basata su una costellazione di CubeSat in grado di operare simultaneamente la misura di TGF in modo da localizzare l’esatto punto di innesco dell’evento.
LIGHT-1 è equipaggiato con due rivelatori di raggi gamma posti alle estremità del satellite: ognuno e’ costituito da un cristallo scintillatore accoppiato a una matrice di fotosensori e relativa elettronica di lettura, e da un sistema di rivelazione di particelle cariche che rappresentano un fondo per la misura di TGF. LIGHT-1 impiega due tipologie di cristalli (Bromuro di Cerio e Bromo cloruro di Lantanio) accoppiate a due diversi sensori ottici (fotomoltiplicatori e fotorivelatori al silicio, meglio noti come SiPM o MPPC).
“Oggi possiamo dirci orgogliosi di quello che abbiamo realizzato in un periodo così drammatico: basti pensare che la costruzione del payload è avvenuta presso i laboratori di Age Scientific SRL in pieno lockdown”, commenta Di Giovanni che ha collaborato con Giovanni Franchi e Lorenzo Perillo (AGE Scientific SRL) e gli studenti Valerio Conicella e Rodrigo Torres (Università Roma Tre e UniFi).
Studiare i TGF non è solo utile per il progredire della conoscenza scientifica, ma può offrire varie applicazioni in diversi campi. Ad esempio, avendo una natura “violenta” in termini di intensità di radiazione, ed essendo generati in presenza di tempeste e temporali, i TGF possono mettere a rischio la salute dei passeggeri di voli di linea nelle vicinanze di tali eventi atmosferici, e nei casi piu’ catastrofici, costituire un problema anche per i sistemi elettronici degli aeromobili.
“LIGHT-1 – conclude Adriano Di Giovanni – è una fantastica espressione di coesione, rispetto e amicizia tra culture profondamente differenti che hanno lavorato per costruire uno dei CubeSat più evoluti mai realizzati.