MILANO – Un danno complessivo quantificabile in oltre 110milioni di euro con 38 strutture danneggiate di cui solo 19 già inserite, dai precedenti commissari, nelle opere oggetto di stanziamenti a favore della ricostruzione. Sono i numeri che le scosse del 2016 hanno provato alle strutture sanitarie dell’area del sisma. In queste stesse aree, con la pandemia COVID-19, c’è stato un “terremoto nel terremoto”. E’ proprio per questo che del difficile presente della sanità nel centro Italia colpito dai tragici eventi di quattro anni fa e soprattutto delle prevedibili gravi difficoltà per il futuro immediato ha deciso di occuparsi, in un’inchiesta a cura di Daniele Pallotta, la rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief (IHPB), una pubblicazione che promuove opinioni e confronti per una sanità sostenibile. Molte sono ancora le strutture sanitarie compromesse dagli esiti del terremoto del 2016, quando la domanda sanitaria viene da una popolazione (oltre 600.000 abitanti) in gran parte anziana, distribuita su un territorio orograficamente molto complesso che interessa 85 comuni delle Marche, 23 dell’Abruzzo, 15 dell’Umbria e 15 del Lazio.
Lo scenario post-COVID-19 è ancor più preoccupante se si dovesse verificare una nuova impennata dei contagi e, anche se alcuni passi avanti siano stati fatti con l’arrivo del nuovo Commissario straordinario alla ricostruzione, restano forti i dubbi su quella che potrebbe essere una futura risposta sanitaria all’insegna della rapidità ed efficienza.
Il Presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli, intervistato nell’ambito dell’inchiesta ha sottolineato che l’elemento rassicurante per le difficili fasi trascorse e per quelle che potrebbero presentarsi è dato dall’efficienza dell’organizzazione sanitaria regionale, dal ruolo integrato dalle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA), dall’attenzione crescente agli anziani, e dall’attività continua del volontariato che, tradizionalmente è molto attivo in regione e che, in concomitanza con la pandemia, ha molto incrementato la propria presenza capillare.
L’impatto del COVID-19 si è fatto particolarmente sentire nel rallentamento del processo di ricostruzione delle strutture sanitarie danneggiate in Umbria – lo ha rilevato Donatella Tesei, Presidente della Regione – una conseguenza determinata dal blocco dei cantieri per il quale sono poi state avviate pressanti richieste al Governo per una urgente ripresa delle attività, pur in un ambito di sicurezza. “La cosiddetta Fase3 – precisa la Presidente – sarà necessariamente graduale e impegnativa perché oltre a ricollocare i soggetti già inseriti nella programmazione di visite specialistiche e interventi chirurgici differibili, oppure già in lista d’attesa, si dovranno prendere in carico coloro che attualmente necessitano di prestazioni”.
Il colpo assestato dalla pandemia ha peggiorato il quadro dell’assistenza in questi territori, e sono pienamente giustificate le diffuse preoccupazioni per il futuro sanitario di quest’area. Una risposta può venire solo da un cambio di passo e da una velocità degli interventi che renda credibile l’indispensabile innalzamento dell’efficienza della risposta sanitaria in quei territori. Ma è proprio il Commissario Legnini ad ipotizzare lo scenario futuro per il rilancio di questa zona doppiamente terremotata: “Dopo il Coronavirus la dimensione locale torna ad essere un valore. Dovremmo avere il coraggio di immaginare e la capacità di ricostruire le aree interne pensando che possano essere anche un luogo di lavoro, e non solo di vacanza, quindi con una adeguata dotazione di infrastrutture e di servizi, e di vita confortevole, con case sicure ed efficienti dal punto di vista energetico. Un’adeguata rete di servizi sanitari anche di prossimità è, naturalmente, parte essenziale di un’organizzazione sociale ed economica efficiente”.