MODENA – Era il 2019 quando nel corso del 53esimo Palio di San Giovanni il Gran Maestro della Consorteria del Balsamico Tradizionale di Spilamberto Maurizio Fini propose l’idea – lanciando un appello all’intero territorio, alle istituzioni e a tutte le realtà interessate – per lavorare insieme a un obiettivo che pareva ambizioso: il riconoscimento da parte dell’Unesco della tradizione e della cultura legate al Balsamico. Da allora si è sviluppato un percorso verso la presentazione della candidatura a Patrimonio Immateriale dell’Umanità dell’Unesco. L’importante passo compiuto ora in questo percorso è l’iscrizione della “Tradizione del Balsamico” nell’Inventario Nazionale del Patrimonio Agroalimentare Italiano (INPAI). Si tratta di una tappa fondamentale per ottenere il parere favorevole della Commissione nazionale Unesco. L’INPAI è stato istituito dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nel 2017 presso il Dipartimento delle politiche competitive della qualità agroalimentare, della pesca e dell’ippica per individuare, catalogare e documentare gli elementi culturali afferenti alle tradizioni agroalimentari di eccellenza italiane e per dar loro massima visibilità a livello nazionale e internazionale.
“La proposta di quella che è di fatto un’eccellenza italiana è stata presentata in prima battuta alla Commissione Nazionale italiana Unesco, che è un organismo del Ministero degli Esteri presso il quale siedono le amministrazioni interessate (in questo caso le più importanti sono il Ministero della Cultura e il Ministero delle Politiche Agricole). Un’accelerazione è arrivata in questi giorni con il gruppo di lavoro Unesco del Ministero che ha espresso all’unanimità parere favorevole all’iscrizione della tradizione del Balsamico nell’inventario nazionale del patrimonio agroalimentare italiano (Inpai) – spiega Giuseppe Ambrosio, Consigliere Ministeriale con funzioni di alta consulenza presso il Mipaaf – la Commissione assegna l’istruttoria della candidatura presentata a un’amministrazione referente – nel caso della tradizione del Balsamico è probabile che possa essere il nostro Ministero – viene effettuata l’istruttoria, dopodichè una volta all’anno, alla fine del mese di marzo, l’Italia può presentare una candidatura all’Unesco per un prodotto immateriale. Nel caso del Balsamico anche se il prodotto di riferimento è qualcosa di materiale l’elemento di cui si chiede il riconoscimento è un elemento immateriale, e cioè la tradizione secolare del Balsamico, che affonda le radici nella cultura delle genti emiliane”.
L’Emilia-Romagna è il cuore agroalimentare del paese: vanta attualmente il primato tra le regioni italiane per numero di prodotti riconosciuti con la qualifica di Dop e Igp: in totale sono 44 (19 Dop e 25 Igp) le produzioni agroalimentari già in possesso della certificazione europea, a cui vanno aggiunti tutti i vini (30 le Dop e Igp riguardanti produzioni vitivinicole).
“E’ in questo quadro di eccellenze agroalimentari che è nata la cultura del balsamico: dall’amore, dalla pazienza e dalla competenza dei maestri acetai, di generazione in generazione – sottolinea Alessio Mammi, Assessore regionale all’Agricoltura – La cultura del balsamico riveste un significato profondo per i territori dell’Emilia Centrale e nel suo tramandarsi nel corso dei secoli è diventata corredo sociale e identitario delle nostre terre. Si tratta di una consuetudine talmente radicata da far sì che siano migliaia le famiglie nei nostri territori che dispongono di una batteria di botticelle per la produzione d’aceto, magari acquistata per celebrare la nascita di una bambina, di modo che la qualità del prodotto nelle botti possa crescere in parallelo con la proprietaria, che si ritrova nell’età adulta un vero e proprio tesoro a disposizione. Il riconoscimento Inpai arriva a corredo di questa grande storia, e contribuisce con prestigio a costruire un percorso di promozione, valorizzazione e tutela che ci auguriamo possa essere indirizzato anche verso altri riconoscimenti, come quello Unesco. Infine il percorso di candidatura Unesco costituisce un’azione che ci permette di valorizzare e di difendere questo patrimonio identitario del nostro territorio dagli attacchi e dalle imitazioni messe in campo anche da altri paesi europei, come abbiamo potuto vedere in questi mesi”.
Oggi il traguardo Unesco pare molto più concreto, ma è fondamentale che questa candidatura possa contare sul contributo di tutti, come spiega Maurizio Fini, Gran Maestro della Consorteria del Balsamico Tradizionale di Spilamberto (MO): “La mia idea iniziale si è trasformata in un vero e proprio viaggio collettivo. Abbiamo raccolto il consenso dei cultori del Balsamico sia nella provincia di Modena che in quella di Reggio Emilia, e lavoriamo a questo progetto insieme alla Confraternita dell’Aceto Balsamico Tradizionale Reggiano, a testimonianza di una cultura comune dell’Emilia Centrale. Ora tutti insieme – dalle istituzioni alle Acetaie Comunali in entrambi i territori, dalle acetaie private ai consorzi tutela, alle aziende, fino ai cittadini – guardiamo a un obiettivo comune. Ringrazio quindi sin da ora tutti coloro che in questo percorso ci doneranno il loro appoggio tangibile e concreto”.