(PRIMAPRESS) – WASHINGTON – Il presidente della commissione giustizia del Senato, Lindsey Graham, uno dei più stretti alleati di Donald Trump, ha scritto una lettera al premier italiano Giuseppe Conte, al britannico Boris Johnson e all’australiano Scott Morrison chiedendo che continuino “a cooperare” con il Capo del Dipartimento di Giustizia Usa, William Barr nell’inchiesta sul Russiagate.”Uno dei doveri dell’attorney general è supervisionare l’indagine in corso – scrive nella nota Graham chiarendo che i suoi incontri nei tre Paesi sono – ben dentro i confini della sua normale attività”. Cercando, così, di alleggerire la posizione di Conte e la polemica scoppiata sull’incontro con Barr che ha spinto Matteo Renzi in un affondo contro il premier: “Conte riferisca al Copasir sul ministro della giustizia americano Barr”. Graham, spiega che ha preso l’iniziativa dell’invio delle missive dopo che in un articolo del 30 settembre il NewYork Times ha accusato Barr di “usare la diplomazia ad alto livello per avanzare gli interessi politici personali del presidente”. Nella missiva il senatore, uno dei più stretti alleati di Trump, ricorda che “Australia, Italia e Regno Unito si scambiano abitualmente tra loro informazioni delle forze dell’ordine per fornire assistenza nel corso delle indagini”. “Sembra che le forze dell’ordine e l’intelligence Usa abbiano confidato su informazioni di intelligence straniera nell’ambito dei loro sforzi per indagare e monitorare le elezioni presidenziali del 2016”, prosegue il capo della commissione giustizia del Senato, elencando tre punti. Il primo è “aver fatto affidamento su un dossier profondamente errato, pieno di pettegolezzi e scritto da un ex agente segreto britannico di parte” (il rapporto Steele sui rapporti fra Trump e i russi, ndr); il secondo “aver ricevuto informazioni di intelligence da un ‘professore’ italiano (Joseph Mifsud, in realtà è maltese, ndr) cui fu ordinato di contattare un consigliere di basso livello della campagna di Trump, George Papadopoulos, per raccogliere informazioni sulla campagna”; terzo, “accettare informazioni da un diplomatico australiano, al quale era stato detto di contattare anche lui Papadopoulos e di passare le informazioni da lui ottenute sulla campagna all’Fbi”. Contatti da cui è scaturito il Russiagate. Ma Trump e i suoi alleati sospettano che il prof. Mifsud sia un agente segreto occidentale che lavorava per la Cia o l’Fbi e che l’intera manovra fosse un complotto del ‘deep state’ Usa per impedire la sua elezione, in contrasto con le conclusioni della poderosa inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller. Insomma ancora un giallo da chiarire nei suoi contorni veri o presunti nel gioco globale dei poteri. – (PRIMAPRESS)