(PRIMAPRESS) – PERUGIA – Tra Perugia ed Assisi, sul crinale di una collina che domina una vallata si scorge il profilo degli smerli del Castello di Monterone. L’antica torre di avvistamento, diventata oggi un hotel di charme delle Residenze d’Epoca, intreccia la storia dei Templari che vi si stabilirono con il gusto contemporaneo del suo ristorante gourmet. Il Gradale, in pochi anni si è conquistato uno spazio nella scena della ristorazione umbra di tradizione grazie alla sua ricerca attenta delle materie prime selezionate nel territorio. Qui dove si distende l’abitato perugino fino alle ampie zone di verde dei luoghi francescani, c’è un piccolo mondo di giovani produttori agricoli che hanno reinvestito in colture che erano state dismesse. È così che il Cesarino, dolce pomodorino di Montecastello di Vibio, si trasforma in una spuma che lo chef del Gradale, Domenico d’Imperio, trasforma in un piatto creativo con i gamberi rossi profumati alla mentuccia dell’orto ricreato tutt’intorno ai viali che circondano le mura medievali del Castello di Monterone. Un posto di primo piano, insieme alle paste tirate a mano della tradizione che ben si sposano con il tartufo di queste parti che anche nella sua versione di “scorzone estivo” non ha nulla da invidiare ai blasonati tuberi delle Langhe, c’è la superba tartare di manzo battuta al coltello e impreziosita da una gemma di rosso d’uovo. Affidandosi alla passione narrativa del direttore di sala del Gradale, Simone Pulci Alunni, si scoprono le realtà di giovani vinificatori che hanno saputo esprimere rossi di rilievo con un mélange di Sangiovese e Merlot nella sua etichetta San Biagio della Cantina Cenci a 15 chilometri da Perugia. Un biologico d’eccellenza nell’insediamento rurale del 1687 dei monaci Olivetani. Sulla terrazza del Gradale le notti stellate d’agosto si fanno complici del gusto che ha fatto della semplicità e delle materie prime un indiscusso valore
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