L’intelligenza artificiale e le nuove frontiere nella fruizione dell’arte
Ormai in ogni articolo scientifico, su ogni rivista, sul web, all’interno di discussioni social si parla molto di questa fantomatica Intelligenza Artificiale, spesso anche a sproposito. Non poteva essere diversamente: anche nell’arte e nella cultura non si può fare a meno di parlarne. Gli ambiti di questa nuova tecnologia, ormai assunta a “filosofia” scientifica sono infiniti. La si trova, infatti, inserita all’interno dei robot aspirapolveri di casa, nei frigoriferi, nelle automobili, praticamente ovunque. Quali sono le ricadute che essa può avere all’interno dell’arte? Come essa può essere fruita dal turista 4.0 (NDR – ormai è d’uso anche definire con il numero reale 4.0 qualcosa di fortemente innovativo, mah)? E attraverso quali paradigmi dell’Intelligenza Artificiale?
Già diversi anni fa si rimaneva impressionati da una serie televisiva, Star Trek, che faceva pensare e sperare nelle tecnologie del futuro. In particolare, si restava colpiti dal sistema di teletrasporto utilizzato dai personaggi dell’Entreprise chiedendosi se fosse stato mai possibile scomporre un essere vivente fino all’ultimo atomo, o anche un manufatto, per poi trasmettere, a migliaia di chilometri di distanza, i contenuti relativi all’oggetto ricomponendoli dall’altra parte, esattamente come erano in origine. Però, riflettendo, quello che forse può interessare maggiormente non è tanto la smaterializzazione di un oggetto ma la sua trasposizione al livello contenutistico; ovvero, non vedere ricomposto il corpo di una persona in un altro posto, ma piuttosto la costruzione della sua rappresentazione, quanto più verosimile possibile. Quindi, sempre usando il paradigma cinematografico, la vera innovazione potrebbe essere l’utilizzo di una tecnologia simile a quella rappresentata nella saga di Star Wars nella scena in cui la principessa Leyla compare sotto forma di ologramma per chiedere a Obi One Kenobi aiuto contro l’Impero. Tornando quindi all’obiettivo iniziale, ovvero quello di rendere più accattivante la fruizione dell’arte per uno spettatore, è maturo il tempo per progettare il modo di riprodurre, “tele trasportando” dal passato, artisti, autori, scrittori capaci di presentarsi nella forma più semplice possibile, ossia proprio di persona. Come fare tutto questo? Anche in questo caso la cinematografia può fare molto, attraverso l’uso della tecnologia chiamata Motion Capture.
Motion Capture, il nuovo teatro dei burattini
Il Motion Capture, secondo la dicitura classica è “il processo atto a catturare il movimento di persone, animali o oggetti, a trasferirlo su un modello 2D o 3D e animarlo attraverso l’insieme dei movimenti registrati. In questo modo esso mira a produrre modelli 3D che riflettano il movimento reale dei soggetti in movimento”.
Nel film Avatar, come si vede nelle immagini, oltre a tracciare i movimenti del corpo, sono tracciati anche i movimenti dei muscoli facciali, per far in modo che il risultato possa essere il più realistico possibile. Però tale tecnologia non è stata applicata nel quotidiano perché fino a poco tempo fa necessitava di investimenti stratosferici. Ma oggi l’Intelligenza Artificiale, combinata con le capacità dei nuovi sistemi informatici e con la velocità delle reti di comunicazione, può fornire gli strumenti e i mezzi capaci di segnare una grande svolta. Nel 2009 non si aveva a disposizione la potenza di calcolo che si ha oggi e quindi i produttori cinematografici dovettero investire una gran quantità di dollari per ottenere una resa fruibile e verosimile,per lo spettatore. Per gli stessi motivi i processi di Motion Capture intervenivano solo in post-produzione e mai in tempo reale. Oggi, sia per la potenza di calcolo che abbiamo, sia per le nuove frontiere dell’Intelligenza Artificiale, è possibile utilizzare
normali telecamere ad alta definizione e farle comunicare con processori di ultima generazione che, in tempo reale, identificano tutti i movimenti del corpo e del viso senza bisogno di marker, tramutandoli in coordinate geometriche e vettori di movimento tridimensionali, dando vita, nella cinematografia, a una nuova forma d’arte chiamata Digital Resurrection.
Digital Resurrection, il ritorno dal passato
La Digital Resurrection è un nuovo filone dell’intrattenimento, iniziato più per scherzo, che consente di catturare i movimenti del viso o del corpo di una persona viva, un attore tipicamente, e di trasporlo su quello digitale di un altro soggetto: ad esempio un attore, uno scrittore, un pittore, un qualsiasi personaggio famoso e quasi sempre del passato. Basta avere foto o disegni del personaggio e disporre di un sistema di visualizzazione ologragrafica per renderlo di nuovo presentato a una platea come se fosse ancora vivo. Le forme più semplici di Digital Resurrection sono quelle che hanno fatto scalpore nell’ultimo anno, grazie a un sito che si occupava di alberi genealogici, di nome myheritage. Questo sito consente ancora oggi, ai propri iscritti, di postare delle foto dei propri defunti e, attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale, di animarlo in modo molto realistico.
Il teatro virtuale
Quale è quindi la nuova idea che si potrà affermare in futuro? Nei prossimi anni si specializzeranno sempre di più le aziende di intrattenimento nel “fornire” attori reali che, posizionati all’interno di un set virtuale, magari a migliaia di chilometri di distanza dalla sede di intrattenimento, un teatro per esempio, presteranno il loro corpo per recitare un copione mentre gli spettatori potranno vedere sul palco la riproduzione olografica di un attore defunto, magari con la gestualità e l’espressività che l’attore reale saprà dare. Oggi nel mare magnum della comunicazione il confine tra realtà e finzione non è più netto. Sempre più il fenomeno del deep fake ci pone davanti a interpretazione falsate con dichiarazionifatte da personaggi replicati grazie all’ultima frontiera tecnologica delle fake news, che consiste nella sostituzione dei volti in un video già esistente grazie a software guidati dall’intelligenza artificiale.
OLTRE (Ologrammi per Teatri Reali) un’idea progetto per il futuro
Oggi la costruzione e la rappresentazione digitale di personaggi è ormai entrata nel vissuto di moltissime persone, soprattutto di tutte quelle che hanno potuto assistere a proiezioni olografiche o a eventi di grande impatto quali concerti di famose rockstar tenuti in palcoscenici fortemente tecnologici. I sistemi olografici sono in grado di stupire non solo per la loro indubbia novità, ma anche perché oggi si prestano a una fruizione attiva da parte dello spettatore. L’ologramma, infatti, non si limita a interagire con la realtà, ponendosi come qualcosa di simile ma non uguale, ma può rispondere a stimoli e input. Molte sono le possibili applicazioni che possono essere
indagate e realizzate:
1. il teatro olografico come sistema molto versatile che può ‘riempire’ con gli ologrammi spazi sia piccoli che,grandi, e che può soddisfare richieste specifiche per spettacoli olografici temporanei o per installazioni permanenti in musei o in altri contesti espositivi;
2. le teche olografiche che permettono di riprodurre ologrammi 3D con un investimento economico contenuto;
3. le piramidi olografiche come soluzioni per i punti vendita, gli show room e gli ambienti commerciali.
L’idea è quindi progettare un dispositivo intelligente e configurabile per diversi settori della cultura:
• nel teatro: con la recitazione di monologhi da parte di ologrammi di attori celebri viventi e non;
• nella poesia: con la recitazione di versi da parte di chi li ha scritti: Dante, Leopardi, Ungaretti solo per fare qualche esempio;
• nella musica: sia leggera che lirica con interpretazioni di Caruso, della Callas, di Lucio Dalla.
Si potranno costruire librerie o collezioni di ologrammi entro cui scegliere il personaggio famoso da utilizzare su dispositivi mobili grazie a piccoli supporti in vetro a forma di tronco di piramide rovesciata che sempre più si stanno diffondendo sul mercato, o su sistemi tipo jukebox. Nel mondo dello spettacolo si potrà assistere in una piazza allo show di un presentatore (reale) che chiama sul palco personaggi (in forma di ologrammi) secondo una scaletta predefinita parlando con loro grazie a tecniche simili a quelle dei chat bot. Per il teletrasporto di un oggetto fisico si dovrà però aspettare molto ma molto tempo ancora. Ma forse e per fortuna non sarà realizzabile.
Cosa riserva il futuro
Negli anni cinquanta del secolo scorso quando comparvero i primi televisori in bianco e nero che trasmettevano programmi solo in alcune fasce orarie, nessuno si sarebbe aspettato che in un lasso di tempo relativamente breve le tecnologie avrebbero immesso nel mercato in successione le tv a colori, quelle al plasma che eliminavano l’ingombrante tubo catodico, l’altissima risoluzione dei led e anche le tv con proiezioni 3D. Nel settore della proiezione di ologrammi oggi siamo solo agli albori di tale tecnologia con la comparsa di primi prototipi di sistemi riproduttivi di tipo domestico. Non ci sono dubbi che in pochi anni tali sistemi cominceranno a entrare in tutte le case per rispondere all’innato desiderio di superare il limite delle immagini piatte degli attuali schermi per vedere dispiegare dinanzi ai nostri occhi la realtà nelle sue vere forme tridimensionali.
a cura di Angelo Chianese e Antonio Chianese
Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie Informatiche – Università degli Studi di Napoli Federico II
NetCom Group S.p.A
*articolo tratto dal libro: PorBeC, Portale Beni Culturali – Un ponte tra tecnologia e arte – edito da GUIDA