PADOVA – Diverse ricerche hanno evidenziato come il lockdown e le misure di contenimento del contagio da COVID-19 abbiano esposto la popolazione ad uno stress collettivo senza precedenti, avendo un forte impatto sul benessere psichico a livello globale, fenomeno denominato ‘psico-pandemia’. Tuttavia, nessuno fino a oggi aveva ancora indagato gli effetti del lockdown sul funzionamento cognitivo, in particolare sulle proprie abilità mentali – come memoria, attenzione, concentrazione – nella vita quotidiana.
Lo studio Cognitive and mental health changes and their vulnerability factors related to COVID-19 lockdown in Italy appena pubblicato sulla prestigoiosa rivista «PLOSONE» (https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0246204) è stato condotto da ricercatori dell’Università di Padova in collaborazione con l’IRCCS Santa Lucia di Roma e cerca di rispondere proprio a questi quesiti.
Il lockdown e le relative misure restrittive hanno avuto un impatto sul funzionamento cognitivo e sulla salute mentale della popolazione in Italia?
«Durante la fase finale del primo lockdown in Italia (dal 29 aprile al 17 maggio 2020) hanno partecipato all’indagine online 1215 individui ed è emerso come il lockdown abbia avuto un significativo impatto sul funzionamento cognitivo percepito, oltre che sul benessere psicologico – spiega la prof.ssa Giorgia Cona, coordinatrice della ricerca, del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova e del Padua Neuroscience Center.
Durante il periodo di restrizioni ed isolamento le persone lamentavano maggiori difficoltà cognitive in attività della vita quotidiana che richiedevano attenzione/concentrazione, orientamento temporale e funzioni esecutive (come multi-tasking, pianificazione e gestione delle attività in casa). Abbiamo invece osservato un miglioramento della memoria. Sono state infatti riferite meno dimenticanze durante il lockdown, probabilmente a seguito della riduzione degli impegni ed una quotidianità meno frenetica.
Si è riscontrato inoltre un incremento nella severità e prevalenza di depressione, disturbi d’ansia e del sonno, ma anche alterazioni nell’appetito, libido e ansia per la salute: il 36% ha riportato sintomi ansiosi e il 32% sintomi depressivi durante il lockdown.»
Vi sono dei fattori di rischio che ci permettono di individuare i gruppi più vulnerabili?
«Le donne, i giovani (età inferiore ai 45 anni), gli individui disoccupati o chi lavorava da casa sono stati identificati come i gruppi di popolazione che più hanno risentito di questo peggioramento nelle abilità cognitive e nella salute mentale – dice Eleonora Fiorenzato, del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova e primo autore dello studio -. Inoltre, l’eccessiva esposizione ai mass-media per la ricerca di news relative al COVID-19 (‘infodemia’) o essere residenti in zone con altro tasso di contagio sono risultati fattori di rischio per disturbi depressivi e di tipo ansioso, anche con aspetti ipocondriaci. È interessante notare come le difficoltà cognitive correlassero con i disturbi psicologici: maggiore era il disagio psicologico esperito, peggiori erano le abilità cognitive percepite.»
Se le misure restrittive per contrastare l’epidemia dovessero essere ulteriormente inasprite, le politiche socio-sanitarie dovrebbero considerare con particolare riguardo questi gruppi più vulnerabili nelle loro decisioni, per sviluppare delle risposte efficaci e stabili alle problematiche cognitive e psicologiche associate a questa pandemia.
Questi dati serviranno inoltre ad implementare interventi mirati di supporto psicologico e a definire specifiche linee guida per il problema emergente legato all’infodemia da COVID-19.