MILANO – Pubblicata il 27 settembre su “Science” la ricerca internazionale che raddoppia le nostre conoscenze sulla genetica della sclerosi multipla (SM). È stata identificata dagli studiosi una mappa genetica dettagliata della sclerosi multipla e descritta l’implicazione funzionale dei geni nelle cellule del sistema immunitario coinvolte nella SM. A condurre lo studio è l’International Multiple Sclerosis Genetic Consortium (IMSGC) il gruppo internazionale che studia la genetica nella sclerosi multipla e che è composto da più di 80 centri di ricerca in tutto il mondo.
Lo studio (Multiple sclerosis genomic map implicates peripheral immune cells and microglia in susceptibility) ha identificato oltre duecento regioni del genoma umano che influenzano un gran numero di diverse cellule immunitarie, evidenziando il fatto che questa malattia non è causata da un singolo tipo di cellula immunitaria, ma piuttosto da un’ampia disfunzione del sistema immunitario.
Lo studio è stato condotto su 115.803 individui. Gli autori hanno identificato 233 siti o loci nel genoma umano che contribuiscono all’insorgenza della SM. Questo è il più grande studio finora condotto sulla SM e si basa sul generoso contributo di materiale genetico di 47.429 pazienti con SM e 68.374 individui sani.
«I risultati dello studio confermano e ampliano i risultati precedenti, offrendo una nuova prospettiva sugli eventi molecolari che portano alcuni individui allo sviluppo della malattia: sembra che la disfunzione di molti diversi tipi di cellule immunitarie, sia nel sangue periferico che nel cervello, contribuisca a innescare una cascata di eventi che alla fine portano all’infiammazione cerebrale e alla neurodegenerazione» spiega il dott. Philip De Jager, che dirige il Centro di Sclerosi Multipla e il Centro di neuroimmunologia traslazionale e computazionale presso il Columbia University Irving Medical Center di New York City, ed è l’autore corrispondente dello studio.
Questo studio rappresenta un’importante pietra miliare nell’identificare quali varianti genetiche svolgano un ruolo nello sviluppo della SM. I risultati di questo progetto influenzeranno la maggior parte dello sviluppo di algoritmi clinici per gestire le persone a rischio di sviluppare la SM e lo sviluppo di trattamenti per prevenire la SM. Tutti i trattamenti attuali mirano a fermare l’infiammazione già in corso, quindi lo studio della genetica della SM ha aperto una prospettiva unica sui primi eventi che portano alla malattia e che ora possono essere presi di mira dagli sforzi di sviluppo di farmaci. Questo studio non chiarisce perché alcuni pazienti con SM abbiano un decorso più grave di altri, ma l’IMSGC sta dando una risposta a questo quesito con altri progetti in corso.
«Il nostro studio spiega circa metà dell’ereditarietà della SM, stabilendo la SM come una delle malattie complesse meglio caratterizzate in termini di architettura genetica» afferma il dott. Nikolaos Patsopoulos, direttore del programma di biologia dei sistemi e scienze computazionali presso il Centro Ann Romney per le malattie neurologiche del Brigham & Women’s Hospital e della Harvard Medical School di Boston. Patsopoulos aggiunge che «questo studio evidenzia la complessità del contributo genetico alla suscettibilità alla SM identificando diverse regioni del genoma con molteplici varianti genetiche che svolgono un piccolo ruolo. Inoltre, segnaliamo la prima associazione in assoluto di variante genetica nel cromosoma X con la SM, una malattia che colpisce principalmente le giovani donne. Questo studio ha più che raddoppiato la nostra conoscenza della genetica della SM, tuttavia i nostri risultati suggeriscono che c’è ancora molto lavoro da fare per comprendere appieno come il genoma umano sia coinvolto nella SM.»
La SM è caratterizzata da una fase infiammatoria iniziale e una componente neurodegenerativa secondaria, pertanto il team investigativo ha esaminato attentamente i dati disponibili dal cervello umano per valutare se i cambiamenti nelle cellule cerebrali contribuiscano all’insorgenza della SM. Fino ad ora, sembrava che le cellule immunitarie trovate nel sangue provenienti dal midollo osseo svolgessero un ruolo critico; il nuovo studio lo conferma, ma coinvolge anche la microglia, ovvero le cellule immunitarie che vivono nel cervello umano. Tuttavia, ci sono poche prove che altre cellule cerebrali come i neuroni, che trasportano i segnali elettrici nel cervello, siano implicati nell’innescare la SM.
In Italia la ricerca è stata coordinata dalla professoressa Sandra D’Alfonso (docente di Genetica medica presso il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università del Piemonte Orientale che collabora con la Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Maggiore della Carità” di Novara e lavora al coordinamento del PROGEMUS, un network italiano di centri SM che ha partecipato allo studio), e dal professor Filippo Martinelli Boneschi, docente di Neurologia presso l’Università degli Studi di Milano e attualmente afferente alla UO di Neurologia della Fondazione IRCCS “Cà Granda” Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, entrambi membri del gruppo strategico dell’IMSGC, insieme alla dottoressa Federica Esposito, responsabile del laboratorio di Genetica Umana delle Malattie Neurologiche presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e anch’essa membro dell’IMSGC. Per la parte italiana lo studio è stato finanziato dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM).
«Lo studio pubblicato — sottolinea la professoressa Sandra D’Alfonso — è un ottimo esempio di collaborazione tra gruppi di ricerca a livello internazionale e di coordinamento dell’estesa rete di centri italiani che studiano la SM; solo attraverso tale sinergia si possono raggiungere risultati ad alto impatto scientifico.»
«La ricerca — aggiunge la dottoressa Federica Esposito — rende conto dell’attività di ricerca svolta quotidianamente da chi si occupa di SM, contribuendo a sensibilizzare sia i pazienti sia i soggetti sani verso una sempre maggiore partecipazione attiva a progetti di ricerca che amplino le nostre conoscenze sulla SM.»
Secondo il professor Filippo Martinelli Boneschi «la comprensione e la conoscenza forniti da questo lavoro della mappa dei fattori genetici di rischio della SM potrebbero permettere di selezionare i soggetti a maggiore rischio di malattia e di comprendere più a fondo i meccanismi di interazione con i già noti fattori ambientali di rischio della SM come per esempio i bassi valori di vitamina D nel sangue, il fumo di sigaretta e la obesità.»