ROMA – Rome Business School ha pubblicato lo studio: “E-commerce e industria 4.0 fra Brexit, COVID e Intelligenza artificiale” (a cura del Prof. Valerio Mancini, Direttore del Rome Business School Research Center e del Prof. Giosuè Prezioso, ricercatore e professore per il Master in Arts & Culture Management) che analizza l’inarrestabile espansione dell’e-commerce e la performance dell’Italia nella scalata all’economia digitale (in particolare dal punto di vista dell’offerta), esamina l’evoluzione di alcuni specifici settori, con un focus particolare sul mercato dell’arte on-line che offre un caso-studio multidisciplinare per comprendere nascita, evoluzione e trend dell’ibridazione mercato-rete su scala globale.
La ricerca evidenzia come, in Italia:
–l’indice dell’economia e della società digitale è passato da meno 40 nel 2015 a oltre 60 nel 2020;
–i lavoratori “agili” sono cresciuti del 20% rispetto al 2018 e si suppone che i professionisti che opereranno in mobilità raggiungeranno entro il 2022 la soglia dei 10 milioni;
Inoltre, “L’Italia ha registrato un incremento del 24% nel settore del commercio online, posizionandosi, dopo Germania e Francia, come terzo paese in Europa, con 29 milioni di consumatori attivi e un margine di crescita previsto del 55% entro fine anno” rileva Mancini, riportando gli ultimi dati della BCE.
Tuttavia, rispetto all’Europa:
-Negli ultimi 5 anni il divario con il resto d’Europa è inalterato, ma il nostro Paese ha fatto molti passi in avanti lato infrastruttura ultra broadband. L’Italia si piazza al quartultimo posto della classifica europea ma la connettività (in primis a banda larga) ha raggiunto livelli comparabili nella maggior parte dei Paesi;
–la quota dell’occupazione dipendente dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è pari al 7% (come in Grecia e Slovacchia), mentre la media UE si attesta all’11%;
-L’Italia occupa il 195° posto in ambito “servizi pubblici digitali” con solo il 32% degli utenti italiani online che usufruisce attivamente dei servizi di e-government, rispetto alla media UE del 67%;
“Ciò significa che il capitale umano italiano è il più analogico d’Europa” sottolinea il Professor Mancini.
Con l’evoluzione in corso, lo studio evidenzia un rallentamento della creazione di posti di lavoro e un’accelerazione della distribuzione degli stessi: “Sorgeranno 97 milioni di nuove posizioni nell’economia dell’assistenza, nelle industrie tecnologiche della quarta rivoluzione industriale e nei campi della creazione di contenuti”. I dati suggeriscono che le economie con un grado più elevato di digitalizzazione presentano, allo stesso tempo, tassi di disoccupazione più bassi.
Di contro, le sfide sono molto impegnative:
–Il 14% dei lavori di “medio livello” esistenti potrebbe scomparire a causa dei processi di automazione nei prossimi 15-20 anni e un altro 32% potrebbe cambiare radicalmente man mano che le singole mansioni vengono automatizzate.
–Le imprese stanno incontrando crescenti difficoltà per individuare le competenze necessarie per l’Industria 4.0, sia a livello di diplomati sia di laureati.
Lo studio analizza poi il settore del mercato dell’arte online, fortemente in crescita su scala globale (con una percentuale fra il 10% e il 30% dell’intero mercato dell’arte), in cui l’Italia si presenta come un mercato potenziale molto promettente e già pronto a partecipare alla rivoluzione in corso: “Già il vicino settore dei musei ha portato l’Italia ad essere fra i paesi più competitivi al mondo, integrando tecnologie di digitalizzazione delle collezioni, librerie, impianti di wi-fi, ricostruzioni in 3D, ologrammi e addirittura operazioni di gamification incrementando numeri, introiti e attenzioni internazionali”