MILANO – A pochi giorni dall’ UN International Day of the Girl Child Fondazione Deloitte in collaborazione con SWG e Monitor Deloitte si è interrogata sulla formazione STEM – Science, Technology, Engineering e Mathematics per indagare il gap fra offerta da parte di scuole, università e richiesta da parte del mondo del lavoro, con un focus particolare sulle differenze di genere.
L’indagine dal titolo “RiGeneration STEM. Le competenze del futuro passano da scienza e tecnologia” ha raccolto il punto di vista dei principali stakelholder del sistema di istruzione, partendo da studenti e giovani occupati e non, ma anche docenti e mondo imprenditoriale.
Il divario di genere comincia a scuola
In Italia, solamente 1 studente universitario su 4 è iscritto a facoltà STEM (gli studenti STEM rappresentano il 27% del totale), e queste statistiche non mostrano un incremento significativo negli anni. Inoltre, di questi studenti, solo 1 su 10 è iscritto alle facoltà che rispondono appieno alle esigenze professionali emergenti. Ancora più significativi i dati che prendono in considerazione il genere.
“Se sul totale della popolazione studentesca universitaria le donne rappresentano la maggioranza, all’interno del bacino STEM è presente un evidente divario di genere” commenta Stefania Papa, People & Purpose Leader, Deloitte. “Solo 1 studente STEM su 4 è donna, Eppure, le donne iscritte a facoltà STEM hanno ottenuto nell’ultimo decennio migliori performance sia in termini di risultati accademici sia di tempi per il conseguimento della laurea, con un voto di laurea medio di 103,4 contro 101,8 degli uomini e un ritardo medio al conseguimento della laurea di 1,3 anni contro 1,5 degli uomini.”
Sul tema possiamo però prenderci una piccola rivincita sui principali paesi europei: facendo un confronto, infatti, si nota come l’Italia si posizioni sotto la media continentale per percentuale di laureati STEM (22,5% vs. 25%), mentre in termini di gender gap sia il 4° paese europeo con la più alta percentuale di donne laureate in materie STEM sul totale dei percorsi.
Nonostante esista un potenziale bacino di studenti interessati alle materie tecnico-scientifiche, una percentuale rilevante di questi ultimi ha cambiato rotta nel momento decisivo di iscrizione: 2 studenti NON STEM su 5, e 1 giovane occupato su 3, hanno infatti dichiarato di avere avuto un interesse verso le discipline STEM, che non si è mai concretizzato.
Perché le ragazze si allontanano dalla formazione stem
Ma quali sono i motivi che allontanano i giovani dalla scelta di percorsi formativi STEM? Chi si iscrive a scuole secondarie NON STEM lo fa principalmente perché ritiene che questi percorsi siano maggiormente in linea con le proprie capacità. Nel passaggio all’Università, invece, oltre alla passione per le materie e la coerenza con le proprie capacità, pesa anche la valutazione circa la possibilità di raggiungere la professione ambita. I giovani, infatti, associano al percorso STEM professioni evidentemente poco ambite, in particolare il professore sottopagato, lo scienziato premio Nobel, o l’informatico nerd.
“Ancora una volta, questi bias risultano più marcati all’interno dell’universo femminile, in cui si riscontra un minore interesse rispetto ai contenuti STEM (per il 66% delle donne contro il 59% degli uomini) e una maggiore percezione di inadeguata formazione (per il 24% donne contro il 16% degli uomini)” continua Stefania Papa.
Gli stereotipi di genere, in ufficio e all’università
Proprio per comprendere le motivazioni alla base del limitato numero di presenze femminili all’interno dei percorsi STEM, la ricerca ha indagato le percezioni in merito alle differenze di genere dei principali stakeholder intervistati.
Nello specifico, nonostante in via generale, i professori ritengono che uomini e donne abbiano la stessa predisposizione alle materie di studio, il 10% dei docenti pensano ancora che le materie STEM siano maggiormente affini agli uomini.
Inoltre, i professori di discipline STEM (rappresentati per il 59% da uomini, rispetto ad un 45% di professori uomini per le discipline NON STEM), hanno una percezione maggiormente positiva dei risultati accademici ottenuti dagli uomini: solo il 18% dei rispondenti ritiene che le donne ottengano risultati migliori mentre tale percentuale sale al 35% per i docenti non STEM.
E se aziende e professori non riscontrano alcun gap di genere nelle performance, ben 1 giovane occupato in ambito STEM su 3 ritiene che il proprio lavoro sia più adatto alle capacità degli uomini, principalmente a causa di una maggior predisposizione naturale.