ROMA – Satelliti, sensori ad alta risoluzione, algoritmi e tecniche di machine learning per la ricostruzione post-terremoto. A quattro anni dal sisma distruttivo che ha colpito il Centro Italia, l’ENEA presenta una metodologia innovativa che consente di caratterizzare le macerie prodotte a seguito di terremoti e di valutare in tempi rapidi e a costi contenuti la tipologia di materiali, l’eventuale pericolosità, ma anche di localizzarle e stimarne superfici e volumi. Sviluppata e testata da un team multidisciplinare di ricercatori ENEA su un campione rappresentativo di macerie del centro storico di Amatrice, questa metodologia combina tecniche di telerilevamento basate su dati acquisiti da sensori ad alta risoluzione aerei e satellitari, nonché su rilievi in situ per la calibrazione dei dati acquisiti in remoto; inoltre, è replicabile e adattabile ad altri contesti.
La metodologia è descritta in uno studio pubblicato sulla rivista internazionale ISPRS International Journal of Geo-Information ed è stata anche presentata nell’ambito dell’International Conference on Computational Science and its Applications (ICCSA 2020). Per individuare i cumuli di macerie e determinare l’entità del danno subito dagli edifici, i ricercatori hanno utilizzato i dati satellitari Sentinel-2 del Programma ESA Copernicus per la Gestione delle Emergenze (EMS). Le analisi geospaziali eseguite in ambiente GIS, coadiuvate da algoritmi di machine learning, hanno consentito di stimare sia i volumi che le principali tipologie di macerie, come cemento (59%), mattoni naturali (9%) e altri materiali, tra cui metallo (8%) e tracce di amianto.
“Le macerie prodotte a seguito di terremoti ed eventi estremi devono essere mappate e caratterizzate per disporre di informazioni fondamentali per la gestione ottimale delle attività emergenziali e la risoluzione di problematiche post-evento”, sottolinea Sergio Cappucci del Dipartimento ENEA di Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali. ”I risultati ottenuti hanno permesso di caratterizzare i principali materiali con un’accuratezza di quasi il 90% e anche di rilevare la presenza di amianto in modo da avere un quadro conoscitivo per agire in condizioni di sicurezza e decidere le procedure di gestione più idonee come l’eventuale riutilizzo o lo smaltimento e rimozione”.
“Ai fini della distinzione dei materiali presenti nei cumuli, i migliori risultati sono stati forniti dall’algoritmo C-Support Vector Machine che ha permesso di riconoscere le principali tipologie con un’accuratezza dell’88,8% e dall’algoritmo Random Forest che ha consentito di rilevare la presenza di frammenti di amianto”, evidenzia Maurizio Pollino del Dipartimento ENEA di Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili. “Il metodo, senza eccessivi oneri economici può rappresentare un modello replicabile e adattabile anche in altri contesti e a seguito di altri tipi di eventi estremi”.
Inoltre, mettendo insieme i risultati dell’applicazione della metodologia alla mappa di microzonazione sismica del territorio, i ricercatori hanno realizzato una vera e propria “fotografia” delle aree più a rischio, utile per la pianificazione territoriale e la ricostruzione in sicurezza delle aree colpite dal sisma. I risultati delle attività consentiranno anche di potenziare il Sistema di Previsione e di Supporto alle Decisioni e la base operativa di EISAC.it (European Infrastructure Simulation and Analysis Centre), il primo centro in Europa per la sicurezza delle infrastrutture strategiche, gestito da ENEA e INGV: in caso di eventi estremi il sistema fornisce supporto a Protezione Civile, Pubbliche Amministrazioni e gestori di reti critiche nelle attività di analisi del rischio e protezione delle infrastrutture, garantendo la continuità dei servizi essenziali (comunicazioni, trasporti, elettricità e acqua) e potenziando la resilienza.