BOLZANO – I test sierologici, più che mai necessari in queste settimane di pandemia, possono anche aprire inediti percorsi di innovazione nel controllo della sicurezza alimentare. Lo dimostra un progetto di ricerca del Sensing Technologies Lab pubblicato dalla rivista scientifica internazionale Biosensors. Il laboratorio Sensing Technologies Lab dellaLibera Università di Bolzano ha sviluppato immunosensori che, rivestendo di anticorpi gli elettrodi, consentono semplici controlli della contaminazione da istamina in alimenti contenenti proteine, come il pesce. Uno strumento efficace, preciso ed economico per prevenire l’intossicazione alimentare.
Sono dappertutto: negli smartphone e nelle automobili, negli impianti di produzione o nella gestione degli edifici. I sensori sono parte integrante della nostra vita quotidiana, sia privata che professionale. L’obiettivo dei ricercatori del Sensing Technologies Lab della Facoltà di Scienze e Tecnologie, è scoprire un utilizzo innovativo di tecnologie di ultima generazione per esplorare nuovi campi di applicazione della misurazione su un’ampia gamma di valori fisici o chimici. Il team di ricerca del laboratorio – composto da fisici, ingegneri, chimici, biotecnologi ed esperti di scienze e tecnologie alimentari – è specializzato soprattutto nella ricerca sui sensori stampati che possono essere prodotti in modo economico e flessibile utilizzando speciali inchiostri conduttivi.
Uno dei progetti attualmente in corso è citato in copertina nel più recente numero della rivista internazionale Biosensors. Flexible and Printed Electrochemical Immunosensor Coated with Oxygen Plasma Treated SWCNTs for Histamine Detection (Immunosensore elettrochimico flessibile e stampato rivestito con nanotubi al carbonio trattati con plasma di ossigeno per il rilevamento dell’istamina, ndt.) è il titolo dell’articolo scientifico pubblicato dall’ingegnere chimico Shkodra Bajramshahe e contenente importanti risultati intermedi, conseguiti durante la sua tesi di dottorato alla Facoltà di Scienze e Tecnologie. La scienziata di origine kosovara ha conseguito coi massimi voti una laurea in Chimica e Ingegneria chimica a Pristina e poi ha svolto ricerche all’università di Umeå in Svezia, dove ha lavorato alla sua tesi di master nel campo della cromatografia, un metodo di analisi chimica che permette l’identificazione e la separazione degli ingredienti contenuti in miscele di varie sostanze. A novembre 2018, Bajramshahe è stata accettata nel programma di dottorato internazionale in Food Engineering and Biotechnology (Scienze e Tecnologie alimentari e Biotecnologie, ndt.) e lavora alla Libera Università di Bolzano, nel Sensing Technologies Lab.
Assieme al team multidisciplinare del laboratorio, la ricercatrice è riuscita a sviluppare un immunosensore che in futuro permetterà di testare la contaminazione da istamina – molecola responsabile dell’intossicazione alimentare da prodotti ittici – in modo semplice ed economico. “Le istamine si trovano soprattutto in alimenti ad alto contenuto proteico come il pesce e a concentrazioni elevate possono provocare intossicazioni alimentari”, spiega Shkodra Bajramshahe. Un esempio noto è la sindrome sgombroide, intossicazione che può verificarsi quando si mangia pesce non fresco o pesce in scatola con un contenuto di istamina troppo elevato. “L’obiettivo del nostro progetto è sviluppare un metodo che possa essere utilizzato per rilevare rapidamente e facilmente l’eccessivo contenuto di istamina senza ricorrere ai test di laboratorio”, afferma la ricercatrice. La maggior parte dei test ad oggi si basa su analisi di laboratorio che prevedono, tra l’altro, anche l’uso di sostanze chimiche dannose per l’ambiente.
L’approccio del laboratorio unibz, invece, consiste nell’impiego di sensori stampati con inchiostro all’argento o cloruro d’argento e rivestiti di anticorpi istaminici. La reazione tra questi anticorpi e l’istamina viene convertita in un segnale elettrochimico. “Per aumentare la potenza del segnale elettrochimico abbiamo spruzzato gli elettrodi con una soluzione di nanotubi di carbonio”, chiarisce la ricercatrice. Questi ultimi sono stati attivati con plasma di ossigeno per minimizzare il loro effetto idrorepellente. La ricerca non ha ancora prodotto sensori pronti per il mercato ma la comunità scientifica ha apprezzato la scoperta. “Per poter utilizzare effettivamente i sensori negli impianti di trasformazione alimentare, è necessario realizzare anche un sistema portabile che traduca i segnali in valori concreti di istamina”, aggiunge Bajramshahe. Una volta che questo sarà stato sviluppato, l’industria avrà a disposizione uno strumento a basso costo che potrà essere utilizzato da personale non specializzato per effettuare misurazioni di qualità direttamente sul prodotto alimentare.
“Questo promettente progetto è un simbolo del lavoro nel nostro laboratorio”, afferma il prof. Paolo Lugli, responsabile del Sensing Technologies Lab e rettore di unibz. In altri progetti di ricerca, la sua équipe multidisciplinare sta lavorando anche su tecnologie innovative basate sui sensori per rendere più veloci ed economiche attività di ricerca nei laboratori nei settori dell’alimentazione, dell’ambiente e dell’agricoltura. “Il nostro obiettivo è aumentare la competitività delle aziende locali sviluppando nuove tecnologie e, soprattutto nell’industria alimentare, contribuire a una maggiore sicurezza alimentare e al rispetto degli standard di qualità”, sottolinea Lugli.